La delicata vicenda del giovane Bigotti che ancora non trova posto in una Rems sta diventando a dir poco paradossale oltre che emblematica del pasticcio della riforma dell’assistenza psichiatrica in Italia ancora oggi incompiuta.

E’ quanto penso all’indomani dell’udienza con il magistrato di sorveglianza che si è svolta ieri pomeriggio al Servizio psichiatrico diagnosi e cura dell’ospedale di Perugia dove il giovane che il 28 dicembre dell’anno scorso uccise la madre a coltellate si trova ricoverato dal giorno della sentenza di assoluzione per incapacità di intendere e volere.

Esprimo tutta la mia solidarietà al magistrato che dovrà emettere la misura di sicurezza in questa situazione paradossale. Situazione che ho portato sin da novembre all’attenzione del parlamento attraverso una interrogazione rivolta ai ministri della Salute e della Giustizia. Ritengo doveroso che i due ministri, peraltro riconfermati nel nuovo governo ‘fotocopia’ Gentiloni, chiariscano al più presto le modalità di trasferimento dei pazienti un tempo destinati agli ospedali psichiatrici giudiziari.

Il caso umbro solleva diversi interrogativi relativi all’adeguatezza o meno del numero di Rems presenti sul territorio nazionale e alla presenza di un uomo considerato pericoloso, che avrebbe bisogno di una adeguata assistenza con custodia, presso un reparto ospedaliero destinato a casi acuti che a loro volta, vista la carenza di posti letto, rischiano di non poter essere ricoverati e dover essere quindi trasferiti in altre regioni. Basti pensare che i posti riservati ai servizi psichiatrici di diagnosi e cura nella regione Umbria, a fronte di una media nazionale di 0,79 posti letto ogni 10 mila abitanti, sono soltanto 0,36 per lo stesso numero di abitanti, la percentuale più bassa d’Italia. Non solo. Ci si domanda se la struttura di diagnosi e cura, dove al momento è ricoverato l’uomo, sia in grado di rispondere a criteri di custodia e se via sia pericolo per gli altri pazienti e per il personale sanitario dell’ospedale”

Sono passati oltre due anni dall’approvazione della legge 30 maggio 2014 n. 81 che ha previsto la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Attualmente gli Opg ancora aperti in Italia sono quattro e detengono 90 pazienti, e la contestuale attivazione delle Rems, a due anni di distanza, non sono ancora state definite le caratteristiche di queste strutture. La norma sancisce che tutti i diritti della persona internata nelle Rems siano disciplinati dalla normativa penitenziaria, ma la custodia passa dal Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, alla sanità, Dipartimento salute mentale, ponendo una serie di criticità sulla garanzia di sicurezza sia dei pazienti che del personale che lavora nelle Rems. Inoltre, le Rems non sono state ancora attivate in tutte le regioni, come nel caso umbro che ha stretto una convenzione con la Regione Toscana, con ripercussioni evidenti sui servizi psichiatrici di diagnosi e cura.