Come gli agricoltori sanno,  la nuova PAC ha introdotto,  con non poche difficoltà, significativi cambiamenti nella gestione dei pagamenti diretti e del calcolo dei titoli. Questo post, non è dedicato a spiegare come compilare la domanda unica o quali sono le scelte migliori da fare in campo (compito dell’agronomo), ma a riferivi della situazione nazionale ed umbra.

In Italia  (dati 2016) hanno fatto domanda 1.018.081 soggetti, per una superficie di 10.493.788 ettari (pari a titoli 10.452.205). Il numero dei produttori deriva dalla somma dei 516.714 “piccoli agricoltori”, quelli con importi inferiori a 1250 euro/anno e di tutti gli altri “ non piccoli” ( cioè di coloro che non hanno optato per il regime semplificato dei piccoli agricoltori)  pari a 442.101. Come si vede, sommando i “piccoli” con i “non piccoli” si ottiene un numero di poco inferiore al totale che, esclusi gli agricoltori che hanno avuto accesso alla riserva nazionale, da conto di  coloro che non rispettando i criteri di “agricoltore attivo” non hanno diritto a titoli.

Analogamente, in Umbria, abbiamo un totale di 21.528 produttori per una superficie di 245.317,92 ettari (pari a 249.592 titoli). I “piccoli agricoltori” risultano essere 9.525 mentre i “non piccoli” 11.342. Del totale, circa 500 non presentano i criteri dell’ agricoltore attivo per una superficie non pagabile di circa 1700 ettari.

Sempre facendo un focus sull’Umbria, vediamo che la maggior parte dei produttori, pari a 12.814, rientrano nella fascia di pagamento fino a 1.250 euro/anno e questo ci fa capire che più della metà dei produttori umbri non lo è a titolo principale. Altro dato interessante  è che i “giovani agricoltori” sono 672 e per lo più si trovano nella fascia di contribuzione tra i 1.250 e 5.000 euro/anno. Il dato aggregato ci dice che l’azienda media umbra ha una grandezza di 11,39 ettari (media Italia 10,31 ettari) per un valore stimato di sussidio di pagamento (base+greening+accoppiato) poco inferiore ai  4000 euro/anno.

In conclusione, emerge dai dati che le aziende italiane, come quelle umbre, sono numerose e mediamente piccole e che in prevalenza chi conduce un azienda agricola lo fa come secondo lavoro o per hobby. Questo, se  può considerarsi un valore aggiunto per il mantenimento della biodiversità e per la cura del paesaggio, specialmente da parte di coloro che producono per autoconsumo,  è sicuramente uno svantaggio per la gestione dei rapporti con il mercato; la sfida dell’agricoltura italiana è proprio la ricerca di un equilibrio che consenta alle aziende di competere con la concorrenza globale senza compromettere l’ambiente rurale e proprio su questo stiamo lavorando.