Intervento di Tremonti del 27 gennaio 2016 sulla sfiducia al Governo Renzi. Lo condivido perchè è una lettura interessante.

TREMONTI. Signor Presidente, signori senatori, signori del Governo, approfitto del carattere ristretto di questa riunione, dell’atmosfera intima e raccolta che la caratterizza, per formulare alcune considerazioni e riflessioni. Il Presidente del Consiglio ha fatto un’estensione del suo intervento, portandolo fuori dallo specifico della mozione qui in discussione. Lo ha fatto parlando del sistema bancario nel suo insieme e risalendo indietro nel tempo: Io farò altrettanto.

A cominciare dalla unità d’Italia il sistema bancario italiano si è basato, per decenni e decenni, su due principi essenziali: la sacralità della moneta e la sacralità del risparmio. Il primo principio poneva la banca centrale in una sfera di sostanziale immunità, perché nel caso si fosse incriminato chi stampava la moneta, di riflesso si sarebbe creata sfiducia nella moneta stessa. Il secondo principio è quello della sacralità del risparmio, scritto nella Costituzione, che è stato via via, da decenni, realizzato con varie tecniche e strumenti, incluso tra questi il misterioso decreto Sindona. Poi è venuta l’Europa.

In Italia la moneta non si stampa più dal 2002 e gli aiuti di Stato hanno cominciato ad essere davvero vietati. Infine, è venuta l’Unione bancaria incardinata sul bail in.

Euro a parte, non si può dire che tutto sia avvenuto all’improvviso e fuori della responsabilità di questo Governo, che è in carica da due anni e che ha qui formulato ai precedenti Governi l’accusa di non aver compreso la situazione e reagito al rafforzamento del capitale delle banche quando avrebbe potuto.

Per quanto mi riguarda, il caso dei precedenti Governi si ferma al novembre 2011. Non parlerò con parole mie, ma ricorrendo a quelle utilizzate dal Governatore della Banca d’Italia nell’intervento del 13 luglio 2011 all’assemblea dell’ABI: «Le banche italiane hanno dimostrato e continuano a dimostrare capacità di resistenza e di reazione (…). In maggio la crescita sui tre mesi dei prestiti bancari a famiglie e imprese è stata (…) ben superiore a quella media dell’area dell’euro (…). La vivace espansione dei finanziamenti alle imprese riconducibili alla crescita della domanda – allora c’era il PIL e non con gli zeri – (…). Il flusso delle sofferenze, anche se tuttora ingente soprattutto per le imprese, comincia a mostrare segni di rallentamento (…). Non c’è stata in Italia una bolla immobiliare (…). Abbiamo insistito perché le banche realizzassero tempestivamente aumenti di capitale (…). Dall’inizio dell’anno le banche italiane hanno deciso o realizzato ingenti aumenti di capitale (…). Siamo sulla buona strada». Per inciso, a quel tempo, da una parte si diceva che il capitale non serviva e, dall’altra parte, per immettere capitale si doveva ricorrere alle nazionalizzazioni oppure non c’erano alternative.

Ancora, sulla stessa linea si colloca l’intervento del Governatore della Banca d’Italia in occasione della Giornata mondiale del risparmio del 2011, secondo cui il tasso di crescita dei prestiti, pur in diminuzione, è tuttavia ancora superiore a quello dell’area dell’euro ed elevate dotazioni di capitale permettono di fronteggiare il peggioramento ciclico che è comunque in atto. Credo che queste parole siano sufficienti per dimostrare che c’è stata una svolta molto significativa nella dinamica economica (mi riferisco alla finanza privata e a quella pubblica) di questo Paese, a partire dalla fine del 2011. Tirare in ballo gli anni 2008, 2009, 2010 e 2011 è francamente non corretto dal lato della storia e dell’etica politica.

Chiudo con l’ultima citazione, riferita alle considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia all’assemblea ordinaria dei partecipanti del 31 maggio 2011: «In Italia il disavanzo pubblico (…) è inferiore a quello medio dell’area euro (…). Appropriati sono l’obiettivo di pareggio del bilancio nel 2014 (allora era il 2014). Grazie a una prudente gestione della spesa durante la crisi, lo sforzo che ci è richiesto è minore che in molti altri paesi avanzati». Questo è il bilancio dell’attività fatta a tutto il novembre 2011; tutto il resto è polemica francamente evitabile e certamente non buona per l’interesse del Paese.

Vorrei formulare quattro domande, senza fare polemiche.

In primo luogo, perché il Governo (o chi per conto dell’Esecutivo) ha votato in Europa il bail in? Si tratta di uno strumento già sperimentato nel suo drammatico effetto a Cipro nel 2013. Da allora tutti hanno entusiasticamente votato quel provvedimento e su quel testo c’è la firma del Governo italiano unanime. Perché quel testo è stato votato ancora, qui, in Italia, nel novembre scorso? Io ho votato contro il 15 novembre 2015.

Perché il Governo ha comunque agito con confusione, prima usando il decreto‑legge, poi, rilevati gli evidenti errori tecnici e politici, ha fatto la legge finanziaria con il relativo emendamento?

Un’altra domanda, su una questione che secondo me è gravissima dal punto di vista istituzionale: perché il Governo ha agito fuori dalla sede competente, che è il Comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria? Esso è previsto dal sistema europeo, dal modello europeo, è entrato in vigore con la firma del relativo provvedimento, nel marzo del 2008, sotto il Governo Prodi, e ha continuato a funzionare fino al novembre 2011; perché non è stato coinvolto lo strumento istituzionale competente, con una gestione, a dir poco, credo, non molto ordinata? Mi domando ancora adesso: che fine ha fatto quel Comitato? È stato abrogato, non c’è, non sapete neanche se c’è? Questo mi sembra un punto su cui riflettere, perché quella è la sede istituzionale in cui qualsiasi Governo europeo opera nelle crisi.

Credo che questo Governo oggi, per la sua azione, sia artefice e vittima del suo destino. Credo che, per l’azione del Governo, i risparmiatori siano poco artefici e molto vittime del loro destino.

Vorrei chiudere, ma credo che non mancheranno occasioni per parlare di questi temi. Io non sarei affatto ottimista sulla stabilità finanziaria globale, in Europa, in Italia, come ci ha dimostrato di essere il Presidente del Consiglio. Io non voglio l’instabilità e mi auguro, in qualche modo, pur dall’opposizione, la stabilità dell’attività di Governo. Però, proprio per questo, mi permetto di ricordare un aneddoto politico: Il capo del governo entrante scambia le consegne con il capo del governo uscente – evento, questo, che non è si è verificato per questo Governo – e il capo del Governo uscente, come consiglio, gli dà da tre buste e gli dice: «alla prima crisi apri la prima busta; alla seconda crisi apri la seconda busta; alla terza crisi apri la terza busta». Quando si manifesta la prima crisi, viene aperta la prima busta e c’è scritto: «Dai la colpa al precedente Governo». Seconda crisi, seconda busta. Apre e c’è scritto: «Dai la colpa al Parlamento». Alla terza crisi apre la terza busta e c’è scritto: «Prepara tre buste».