Agricoltura: la cessione dei crediti di carbonio

Come sapete, da sempre mi occupo di sostenibilità e, per questo, non potevo non occuparmi del sequestro del carbonio. Esistono vari modi di sequestrare il carbonio: far crescere una nova foresta (con la speranza che non bruci), pompare sotto terra o sotto il mare CO2 oppure metterla nel suolo tramite arricchimento con carbone vegetale o biochar; una tonnellata di quest’ultimo equivale, ci dice Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) a circa tre tonnellate di CO2.

Da queste considerazioni mi sono chiesto, l’agricoltore che ruolo può avere? Può altresì ricavarci reddito?

Alcune misure della politica agricola comunitaria premiano certi comportamenti, senz’altro positivi ma, a mio avviso, poco misurabili. Altra questione sulla quale vi voglio far riflettere è che, ad esempio, se un agricoltore con la sua gestione del fondo riesce a “sequestrare carbonio” che ci fa? Lo può vendere questo credito?

In Italia purtroppo questo mercato non c’è per due motivi: il primo è che non c’è ancora nessuno che certifica e secondo la “vendita di CO2 sequestrata”, non rientra tra le attività connesse.

Quando ho preso in mano la questione, nel novembre scorso, sono stati fatti grandi passi avanti. La mia “pressione” ha messo in moto un meccanismo che vede ACCREDIA in fase di certificazione di uno schema di certificazione basato sulla norma PDR UNI 99/2021 e, tramite una risposta del Ministero delle Finanze ho proposto una modifica normativa al decreto Semplificazioni Fiscali, che riporto sotto, per far rientrare la “vendita di CO2 sequestrata” come attività connessa.

Purtroppo la crisi di Governo ne impedirà, nei fatti, il dibattito. Io però non mi arrenderò.

OriGinItalia: intervento di Fubini su demografia e mercato

L’archivio digitale della Banca d’Italia è una miniera d’oro. È come passeggiare in una stanza dove la storia del Paese scorre davanti ai vostri occhi. L’altro giorno ho trovato una seriosa rivista del 1940 dal titolo “Documenti dell’autarchia e del lavoro”, dove all’improvviso è comparsa la pubblicità di un trattamento di bellezza (qui sotto). Come vedete, è grottesca. La foto licenziosa si giustifica in quanto la donna viene presentata come una sorta di macchina da figli. Per fortuna da allora abbiamo avuto decenni di progresso civile. Nessuna nostalgia né comprensione per il clima di allora, dunque. In niente. Ma oggi abbiamo il problema opposto, un problema post-pandemico: li avete visti gli ultimi dati sulla natalità in Italia?

Le conseguenze economiche della denatalità in Italia

Ve li riassumo, con un grazie al presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo che mi ha passato il foglio Excel che si porta dietro ovunque. Quei dati sono una sorpresa, almeno per me. Pensavo che quest’anno avremmo avuto un un po’ di ripresa delle nascite in Italia. Il 2021 aveva segnato un salto verso il basso (-5,7% sul 2020), perché nel pieno dei lockdown e della maxi-recessione da Covid molte coppie devono aver rimandato la scelta di un figlio. In questo ci siamo regolati come i francesi, che nei primi tre mesi del 2021 hanno fatto crollare le nascite del 6,7% (ma non come i tedeschi, che devono avere molta più fiducia nel loro welfare e hanno approfittato dei lockdown per concepire figli come non gli accadeva da tempo).

Ma insomma io pensavo che in Italia anche la natalità, come l’economia, potesse rimbalzare. L’estate e l’autunno scorsi erano stati inusuali per il clima inusuale di recupero che sembrava si respirasse. Eravamo stati la sorpresa in Europa per i dati di crescita. Avevamo vinto gli Europei di calcio e tutte quelle medaglie alle Olimpiadi. Avevamo gli oltre 200 miliardi di Recovery da spendere, mentre persino il clima politico per una volta sembrava di relativa unità nazionale. L’aggressione russa e l’inflazione non le vedevamo arrivare. Soprattutto i depositi liquidi delle famiglie italiane nel 2021 stavano salendo di 41 miliardi (a quota 1.163 miliardi) e quelli delle imprese di altri 51 (a quota 428 miliardi). Intanto il governo lavorava all’assegno unico per i figli, poi entrato in vigore.

Situazione migliore del solito per scelte di procreazione, no? Così pensavo io. E i dati di gennaio in ripresa su un anno prima sembravano darmi ragione. In realtà mi sbagliavo. Ora abbiamo i dati dei primi tre mesi del 2022, cioè i concepimenti fra marzo e giugno dell’anno scorso e sapete com’ è andata? La terza peggiore caduta delle nascite nella serie di 14 anni da quando, con il crash di Lehman, è iniziata l’attuale recessione demografica italiana. C’è un meno 3,9% di nuovi nati, dopo il meno 5,7% di un anno fa. Intanto i francesi fanno davvero il rimbalzo e tornano quasi ai livelli pre-Covid, mentre noi italiani ormai abbiamo un decimo di nascite in meno rispetto al 2019 (e un terzo in meno rispetto al 2008). Di questo passo di Italia anche quest’anno perderemo qualcosa come 400 mila abitanti, includendo nel calcolo anche i flussi migratori.

In sostanza in Francia e in Germania stanno nascendo duemila bambini al giorno, in Italia mille. In questo senso è un’illusione che le tre nazioni siano di ordini di grandezza comparabili. Lo sono nei numeri generali di popolazione, ma non nelle classi d’età più giovani. Non in quelle che hanno dalla loro parte l’energia, le nuove competenze e il futuro. Cosa voglio dire? Pensate alle squadre nazionali di calcio: tra vent’anni i ct della Germania e della Francia potranno scegliere talenti che emergono da una base larga il doppio di quella che avrà a disposizione il ct dell’Italia. Quali squadre avranno più probabilità di vincere più spesso? E ciò che è vero per il calcio vale per un’infinito numero di attività – anche produttive – dove la bravura conta e dunque anche la possibilità di scegliere i talenti da una base ampia.

In reatà però le conseguenze economiche della denatalità purtroppo rischiano di essere più profonde di così. Date un’occhiata al grafico qui sotto da dati della Commissione europea. Rappresenta in modo schematico la domanda in Italia, cioè come e da dove viene speso il denaro che assicura il denaro che gli italiani guadagnano. Questo reddito nazionale lordo vale circa 1.900 miliardi di euro nel 2022 e di essi circa 350 vengono dagli investimenti, un po’ più di 550 miliardi sono esportazioni e il resto – qualcosa più di mille miliardi di euro – sono consumi interni. La parte più importante della nostra economia è data dai consumi degli italiani, circa 16 mila euro ciascuno all’anno (in media).

Ora, immaginate uno scenario strepitosamente ottimistico in cui riusciamo subito a invertire i trend di denatalità e dall’anno prossimo nasce il 20% di bambini in più. Sapete quale sarebbe la dimensione popolazione italiana a fine secolo (senza immigrati, ma anche senza e-migrati)? Meno di 40 milioni. E se manteniamo l’attuale natalità, arrestando il declino, ci avvieremmo a diventare una nazione di poco più di trenta milioni. In sostanza verrebbe meno una gran parte delle fonti di reddito dell’economia italiana: il Paese potrebbe stare in piedi produttivamente e sostenere il suo debito pubblico solo raddoppiando le proprie quote di export. Dovremmo diventare po’ come la Corea del Sud dove nascono in media nascono 0,8 bambini per donna – quando ne servono 2,1 solo per mantenere stabile la popolazione – eppure ha, per esempio, Samsung. Ma noi avremmo le tecnologie, l’alto valore aggiunto, il sistema di istruzione e ricerca, la capacità di valorizzare gli istruiti, cioè la cultura meritocratica e le grandi imprese per trasformarci in una spietata piattaforma da export in una globalizzazione dal futuro così incerto?

Poiché la risposta mi sembra ovvia (ma magari sbaglio io) allora bisogna pensare alla pars construens di questa questione in maniera diversa. Partendo dalle cause profonde della denatalità.

Purtroppo la ragione di fondo del continuo trend declinante dei nuovi nati è che nel nostro Paese ci sono sempre meno persone in età fertile – in particolare, donne in età fertile – e fra queste, sempre più hanno superato gli anni in cui la procreazione è più facile: è l’effetto della prima recessione demografica, che l’Italia ebbe più o meno nell’ultimo ventennio della prima Repubblica. Nel 1985 c’erano dieci milioni di donne fra i 18 e i 42 anni (come oggi in Francia, più o meno), nel 2020 ce ne sono solo otto milioni e calano ogni anno. Agli attuali trend saranno circa cinque milioni fra una generazione. Oltretutto, anche adesso le donne di quarant’anni sono molto più numerose di quelle di venti. Se non credete a me, guardatevi lo Human Mortality Database.

C’è una finestra biologica che si sta chiudendo nel nostro Paese e non basteranno gli asili d’infanzia del Recovery o l’assegno unico – tutte cose sacrosante – a cambiare il quadro in tempo utile. In questo articolo di un paio di anni fa mostro come le province italiane dalla recessione demografica più pronunciata dal 2008 in poi sono quelle in cui il numero delle abitanti in età fertile è crollato di più (e viceversa). Qualunque sia la situazione dei nidi d’infanzia o dell’occupazione femminile.

Dunque che fare? Da giornalista, ho il privilegio di poter indicare i problemi senza dover fornire soluzioni. Ma due punti provo a sottolinearli. Primo, ci vuole realismo sulla situazione e non pensiero magico nel quale noi italiani siamo campioni del mondo: la demografia è destino, non cambierà con le promesse dei politici o a colpi di bacchetta magica. Secondo, la Germania ci mostra la via: di fronte a un problema molto simile a quello dell’Italia ha avviato una politica intelligente di selezione, attrazione e integrazione di lavoratori – età media, trent’anni – dai Balcani, dall’Europa centro-orientale, dall’Asia minore o dal Medio Oriente. Sono consapevole della delicatezza politica del tema. Ma a chi la fa presente rispondo tornando al punto primo: cerchiamo di essere realisti.

Il caldo giugno 2022

Il primo turno delle amministrative vede il centrodestra aggiudicarsi 10 Comuni contro 3 del centrosinistra. Il centrodestra vince Sta vince al primo turno in tre capoluoghi di regione: Genova, Palermo e L’Aquila- oltre che a Rieti, Belluno, Pistoia, Asti, La Spezia, Oristano, con Fratelli d’Italia che sorpassa la Lega come guida della coalizione. Ballottaggi in altre 13 città tra cui Parma e Verona. Il segretario Enrico Letta, giudica positivo il risultato del Partito Democratico che diventa primo partito e si aggiudica Lodi e Padova, mentre c’è delusione tra i pentastellati che mettono in crisi il campo largo fermandosi tra il 3 e il 4%. Molto bassa l’affluenza: solo il 54,72% degli aventi diritto al voto si sono recati alle urne.

“Le amministrative sono sempre tabù per il M5s, è un po’ una costante. Abbiamo avuto in passato fiammate importanti a Roma e Torino, per il resto non è stato inusuale prendere percentuali basse alle amministrative e poi balzare al 30% nelle successive elezioni politiche. Non sono qui però per nascondermi dietro la costante storica. Quindi dichiaro che i dati che emergono, aspettando i definitivi, non ci soddisfano. Non possiamo cercare giustificazioni di comodo”. Così il presidente del M5S Giuseppe Conte in conferenza stampa per commentare i risultati delle amministrative e del referendum sulla giustizia.

Il giorno successivo, Mario Turco, uno dei vicepresidenti del Movimento 5 Stelle dichiara: “Sia chiaro, senza il presidente Conte i 5 Stelle, di fatto, non esistono”. Questa frase scatena molte reazioni negative compresa la mia. Io infatti ho dichiaro: “Caro Mario Turco, ricorda: tutti sono importanti ma nessuno è indispensabile”. Il clima si scalda ulteriormente, oltre i 30 gradi che si registrano a Roma, quando il Ministro Luigi di Maio, il 16 giugno in Piazza del Parlamento davanti l’ingresso 24 esterna le sue preoccupazioni – che ho condiviso – sul messaggio che il Movimento in quel momento stava dando al Mondo: un’ambiguità sul sostegno al Governo, in vista delle comunicazioni del Presidente del Consiglio e le relative risoluzioni, in merito alla tipologia di sostegno da dare all’Ucraina. Un ambiguità della quale si appropria addirittura l’Ambasciatore russo Razov:

UCRAINA. LAVROV: IN ITALIA NON TUTTI D’ACCORDO SU ARMI A KIEV (DIRE) Roma, 18 giu. – “La logica secondo cui la massiccia fornitura di armi all’Ucraina sarebbe un mezzo per arrivare alla pace mi sembra quantomeno bizzarra. In sostanza si tratta di alimentare all’infinito la situazione di conflitto, di prolungarla e di moltiplicare le vittime e le distruzioni. Questa logica, a quanto mi risulta, è lungi dall’essere condivisa da tutti, anche in Italia”. Lo dice l’ambasciatore russo in Italia, Sergej Razov, in un’intervita rilasciata a Scenari Internazionali qualche giorno fa e che uscirà nella rivista trimestrale dal titolo ‘La guerra dei mondi’.

E fu così che alle ore 12.00 del 21 giugno ho firmato per l’adesione, con vero dispiacere, al nuovo gruppo parlamentare Insieme per il Futuro.

p.s. per quelli che vogliono sapere delle rendicontazioni leggete QUI

p.p.s. per quelli che pensano che sia per essere rieletti guardate, non vi è certo certezza ma solo passione per la politica

A Gorgona un progetto per il sociale

Il 9 giugno sono stato ospite dell’azienda vitivinicola Frescobaldi nella magnifico isola di Gorgona insieme alla collega Chiara Gagnarli. Il progetto “Frescobaldi per il sociale” nasce nell’agosto 2012, dove un percorso formativo per detenuti ha dato origine ad un vino eccezionale.

Gorgona, l’isola più piccola dell’Arcipelago Toscano e facente parte del Parco, ospita anche la sede di una colonia penale attiva già dal 1869. I detenuti trascorrono nell’isola l’ultima parte del loro periodo detentivo e vivendo a contatto con la natura cercano di trovare un’opportunità concreta per reinserirsi nella realtà lavorativa e nella comunità sociale.

I detenuti, dipendenti della Frescobaldi, con la supervisione di agronomi ed enologi dell’azienda Frescobaldi, coltivano e vinificano, in biologico, le uve del vigneto dell’isola, prevalentemente vermentino e ansonica. Il progetto, si è rafforzato nel 2015 con un nuovo ettaro e ancora nel 2017 con un ulteriore quarto. Da questi vigneti, che oggi sono poco più di due ettari, vengono realizzate un numero limitatissimo di bottiglie (circa 9000). Pensate un po’, dopo aver fermentato nell’isola, il vino in barrique viene caricato su nave per poi essere imbottigliato in Toscana. Oggi si lavora anche per un rosso (sangiovese), vinificato in anfora, ma le bottiglia sono introvabili.

Contabilità – dopo il Tirendiconto

Qualche giorno fa, il 20 aprile, sono risultato positivo al Covid-19. Dato che non posso muovermi dedico un po’ di tempo “ai conti”. In questo articolo di quasi un anno fa, pubblicavo l’ultimo Tirendiconto disponibile. Come sapere, da Aprile 2021 in avanti, il sistema delle restituzioni è stato cambiato unilateralmente prevedendo un sostegno al Movimento di 1000 euro al mese e una restituzione di ulteriori 1.500 euro in un fondo per donazioni specifiche. La fase di transizione però, a mio avviso, non è stata molto lineare.

Sempre nell’articolo citato, potete vedere che avevo un residuo per “rimborso spese eventi” di 1689,20 euro. Al tesoriere ho allegato fatture residue non rendicontate del periodo transitorio (fino al 31.12.21) relative ad impegni già presi prima del cambio della rendicontazione; nello specifico quelle relative all’esercizio di mandato per un totale di 2450 euro, sostegno alla campagna elettorale del Comune di Spoleto per 1000 euro e altre 549 euro per un evento a Montefalco relativo al “buco contabile dell’amministrazione”. Il Totale di 3.999 euro. La differenza a credito con il dovuto quindi è pari a 2.309,8 euro. Ho chiesto che queste risorse venissero detratte dalla restituzione relative alla collettività, ancora sono in attesa di risposta. Essendo in regola con le “restituzioni alla collettività” fino al mese di febbraio 2022, farò un bonifico a marzo di 0,2 euro e ad aprile di 690 euro.

In aggiunta a ciò ho chiesto che, in vista delle elezioni amministrative 2022, venissero contabilizzate anche le spese a sostegno della campagna elettorale dei comuni, diversamente potremmo aiutare solo in maniera limitata. Staremo a vedere! Nell’attesa di una presa di posizione, io agirò a favore di territorio.

Aggiornamento di giugno

Vi aggiorno infine che per il mese di maggio, in linea con quanto detto, ho versato al Movimento le 1000 euro dovute e nel conto destinato alla collettività altre 1000 euro invece di 1500 perché ho sottratto quanto destinato alla campagna elettorale delle amministrative.

Questo per il massimo della trasparenza!

Multe: i Comuni siano più trasparenti

Un comune su cinque in Italia non dichiara gli incassi delle multe, destinando una cifra esigua alla manutenzione stradale. Secondo un rapporto fornito lo scorso anno dal ministero delle Infrastrutture, il 19,7% dei comuni, in tutto 1556, non ha presentato la rendicontazione sull’uso corretto dei proventi delle multe stradali effettuate: risultano inadempienti 15 amministrazioni provinciali, 3 città metropolitane e 317 unioni di comuni.

Si tratta di un mercato che frutta circa 3 miliardi di euro. Se poi si andasse a controllare nel dettaglio ci si potrebbe accorgere, come attestato da alcune inchieste giornalistiche passate, che il 50% dei proventi destinati alla sicurezza stradale vengono impiegati per voci che nulla hanno a che vedere con la stessa: assegni di indennità, pagamento straordinari, carburante, ecc.

Come sottolineato anche da Assosegnaletica, l’associazione che rappresenta le imprese del settore segnaletica stradale, l’Italia è il paese in Europa con il maggior numero di autovelox (8073 dispositivi) e i proventi delle multe rappresentano un introito considerevole per gli enti locali. Basti sapere che, ogni anno, vengono emesse 2,5 milioni di sanzioni per eccesso di velocità, ma siamo ancora in attesa delle norme che regolino il funzionamento e l’applicazione degli autovelox sul territorio. Le modifiche all’art. 208 del Codice della Strada introdotte nel 2010, già prevedevano che circa il 12% degli incassi delle multe dovesse essere destinato alla manutenzione della segnaletica stradale.

Questo però non è avvenuto e, secondo le alcune stime, oggi oltre la metà della segnaletica stradale verticale risulta obsoleta o non conforme al Codice della Strada, mentre la segnaletica orizzontale per il 90% è fuori norma europea. È necessario un maggiore controllo anche da parte della Corte dei Conti sulla redistribuzione dei proventi delle sanzioni: se i cittadini sono vessati dalle multe, è doveroso che anche i comuni giustifichino gli ammanchi in favore di una manutenzione stradale più attenta e puntuale.

Da quest’anno, potete controllare a questo link https://finanzalocale.interno.gov.it/…/in/inputIn/38 , se il vostro comune ha inviato la relazione entro la scadenza (31 maggio).

Oltre questo il Governo si dovrà impegnare a varare presto il nuovo decreto che disciplina il corretto utilizzo dei sistemi di rilevazione a distanza della velocità e che i comuni si attivino quanto prima nella pubblicazione dei dati sui proventi delle contravvenzioni, in un’ottica di maggiore accessibilità e trasparenza. Strade sicure e ben manutenute, sono infatti una condizione imprescindibile per ridurre il numero di morti e feriti in Italia, ancora troppo alto.

Umbria: nasce la “filiera del cinghiale”

Era il 14 aprile 2021 quando scrivevo che poteva nascere una filiera della selvaggina e che si poteva creare un marchio collettivo. Ecco qua, ieri sera, all’Agriturismo il Cerreto a Bettona, presentazione in anteprima del progetto filiera del cinghiale promosso da Consorzio Regionale Operatori Filiera Carni dell’Umbria.

L’esordio è fissato per la prima metà di maggio, quando su alcuni banchi selezionati arriveranno i primi prodotti etichettati e tracciati “dal bosco al consumatore”, con indicato il giorno dell’abbattimento del capo, l’azienda agricola e/o il cacciatore che ha operato la selezione, il mattatoio e il laboratorio di sezionamento.

La filiera è così articolata: il cacciatore (al momento quelli aderenti all’ATC3), consegnerà gli animali provenienti dalle operazioni di selezione e contenimento al centro di lavorazione ( macello di Massa Martana, Gualdo Tadino, Umbertide e quello dell’Az. Moretti). Dopo questa fase, l’operazione successiva, sarà fatta dal centro di trasformazione che nello specifico sarà la Bottega del Futuro di Castiglion del Lago. Da qui i prodotti, una volta etichettati, sono pronti per la vendita al dettaglio o alla ristorazione. Tutto il processo viene monitorato da organismo appositamente creato.

–>> AGGIORNAMENTO del 22 settembre 2022

Nell’imagine il primo prodotto marchiato. Per me una bella soddisfazione!

Vino sostenibile

Oramai sono anni che parlo di sostenibilità, aggiungendo che questa diverrà più importante dell’origine! Oggi parlerò del percorso che è stato fatto sul vino e sul quale ho messo lo zampino. A tal proposito dovete sapere che il Ministero della Transizione Ecologica (già Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) nel 2011 ha avviato un progetto da nome VIVA (Valutazione Impatto Viticoltura sull’Ambiente) con l’intento di misurare e migliorare le prestazioni di sostenibilità della filiera vitivinicola attraverso l’analisi di quattro indicatori (Aria, Acqua, Territorio, Vigneto). Dopo la fase pilota, che ha visto la partecipazione di grandi aziende vitivinicole italiane, nel 2014 è stato prodotto un disciplinare che è divenuto un riferimento tecnico di validazione.

Ho sempre creduto in un disciplinare unico di certificazione della sostenibilità, non solo per il vino, per questo, al Decreto Rilancio del 2020 ho presentato un emendamento che, con la sua approvazione, ha introdotto il seguente articolo :

Art. 224 ter

Al fine di migliorare la sostenibilità delle varie fasi del processo produttivo del settore vitivinicolo, è istituito il sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola, come l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche definite con uno specifico disciplinare di produzione. I requisiti e le norme tecniche che contraddistinguono il disciplinare di produzione sono aggiornati con cadenza almeno annuale, con l’obiettivo di recepire i più recenti orientamenti in materia di sostenibilità economica, ambientale e sociale e si traducono in specifiche modalità produttive e gestionali, sottoposte a monitoraggio ai sensi del comma 2.

Al fine di definire e aggiornare il disciplinare di produzione di cui al comma 1, nonché di valutare l’impatto delle scelte operate, è istituito il sistema di monitoraggio della sostenibilità e delle aziende della filiera vitivinicola italiana, i cui indicatori sono definiti con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

I dati e le informazioni ricavati dal sistema di monitoraggio di cui al comma 2 confluiscono nella rete di informazione contabile agricola di cui al regolamento (CE) n. 1217/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, che, a questo fine, adegua il relativo sistema di rilevazione, in conformità alla comunicazione della Commissione europea 20 maggio 2020, relativa alla strategia dal produttore al consumatore.

In sede di prima applicazione, il disciplinare di cui al comma 1 si basa sulle linee guida nazionali di produzione integrata per la filiera vitivinicola, di cui alla legge 3 febbraio 2011, n. 4, alle cui procedure si fa riferimento per l’adesione al sistema di certificazione, opportunamente integrate introducendo i principi della sostenibilità richiamati, quale sintesi dei migliori sistemi di certificazione esistenti a livello nazionale.

Il disciplinare di cui al comma 1 è approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, previo parere dell’Organismo tecnico scientifico di produzione integrata di cui all’articolo 3 del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 8 maggio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2014.

Con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nel rispetto dei principi e delle procedure di cui al presente articolo, la certificazione della sostenibilità del processo produttivo può essere estesa ad altre filiere agroalimentari.

Con questa norma, il 23 giugno 2021, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha pubblicato il Decreto dipartimentale, recante “Costituzione del comitato della sostenibilità vitivinicola”.

Successivamente, il 16 marzo 2022, viene approvato il Disciplinare del Sistema di certificazione della Sostenibilità della filiera vitivinicola.

Con questi atti, finalmente abbiamo una unica definizione per vino sostenibile alla quale le aziende possono volontariamente aderire.

Draghi: “preferiamo la pace o il condizionatore acceso?”

Questa battuta ha indignato alcuni. Io non sono tra questi! Diciamo subito che di tutta l’energia che abbiamo bisogno come paese, l’elettricità rappresenta un quinto del totale però, questa è alla base della nostra quotidianità e quando qualcosa non va ce ne accorgiamo subito. Nel 2020, durante l’emergenza covid, la bolletta elettrica nazionale valeva 45 miliardi di euro, negli anni precedenti ammontava a 55 miliardi di euro, nel 2021 invece la bolletta è aumentata a 64 miliardi.

Per iniziare il nostro ragionamento guardiamo innanzitutto come si compone il costo della bolletta nelle sue voci principali.

Abbiamo le imposte (accise e iva), la spesa per il trasporto e la gestione del contatore, il costo della materia prima e gli oneri generali di sistema. Quest’ultima voce (evidenziata in giallo), che mediamente vale un quarto del totale, è scomparsa dalla bolletta nel giugno 2021 con un intervento normativo specifico ma temporaneo per affrontare la crisi. Questa voce, che nel complesso vale quasi 14 miliardi, ricomprende i sussidi alle energie rinnovabili, lo smantellamento delle centrali nucleari, i bonus sociali, la perequazione territoriale e i costi di efficientamento. Come si può vedere la voce grossa la fa il costo della materia prima e in Italia è particolarmente sentita perché, l’energia elettrica per il 42% si fa con il gas metano (dati 2021), che negli ultimi periodi è schizzato a cifre anche superiori ai 100 euro per MWh contro i 20 di un anno fa. A questo dato va aggiunto anche il costo per l’emissione di CO2, infatti i permessi di emissione che, sempre un anno fa costavano 40 euro per tonnellata, adesso variano tra i 70 e i 100. Tanto per completare il discorso, le centrali nucleari sono quelle a più bassa emissione per KWh , seguono le centrali idioelettriche (10g/Kwh), gli impianti eolici (20g/Kwh), gli impianti fotovoltaici (37g/Kwh), qualli a metano (350 g/Kwh) e infine quelli a carbone (oltre 1000 g/Kwh).

Chiarito questo punto, vediamo adesso come si forma il prezzo dell’energia elettrica in Europa. La regola è uguale in tutta l’Unione e si chiama System Marginal Price. In sostanza l’energia si vende e compra in base agli andamenti orari del giorno precedente dove chi la produce mette sul piatto quanto è disposto a cederla e a che prezzo. La produzione può essere fatta sa qualsiasi tipo di impianto ma è palese che carbone, gas o eolico hanno prezzi di produzione differenti e non tutti i metodi di produzione sono flessibili e, ad esempio, quelli fotovoltaici di notte non funzionano. L’attuale meccanismo nei fatti, e forse andrà rivisto, fissa il prezzo di incontro tra domanda e offerta al costo marginale. Ovviamente l’impianto che lavora al costo marginale può rimborsare solo il costo della materia prima, gli altri invece hanno della marginalità.

Più prenderanno piede le rinnovabili, più determinati impianti come quelli a olio combustibile o a metano, lavoreranno meno ma a costi molto alti per sopperire ai “picchi”. Questo sistema rischia di non mettere sul mercato energia e già da tempo si sta ragionando su un altro modo di “pagare l’energia”. A tal proposito, si sta ragionando su un sistema diverso, detto “pay as bid“, in forza del quale ciascun impianto viene chiamato a produrre al prezzi che aveva proposto in sede di asta. Ovviamente non si risolveranno i problemi se non si allargano le fonti di approvvigionamento e produzione, mettendo in concorrenza gli attori. C’ho è ampiamente dimostrato dal fatto che, chi oggi ha un contratto bloccato sul mercato libero, spende meno di chi a scelto quello a maggior tutela. Io non so quindi, se mettere un tetto al prezzo del gas possa garantire alle metaniere di venire a scaricare in Europa, piuttosto che andare da qualcun altro, visto che il Mondo ha bisogno di più gas di quello che c’è.

Un’ultima riflessione la voglio fare sulle rinnovabili. Ho letto, che in Sicilia (ma penso sia analogo altrove) ci sono richieste di installazione di fotovoltaico in attesa per 50GW. L’isola nel picco necessita di 4GW. Le interconnessioni previste al 2030 arriveranno a 3GW. Siamo certi che tutte ste rinnovabili che metteremo saranno allacciate?

Cannabis a uso medico, ecco il bando per la produzione

Tempo fa, in un precedente articolo, avevo annunciato che lo Stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze era stato messo nelle condizioni di lavorare con i privati: ci siamo riusciti!

Il Ministero della Difesa infatti, dopo i nostri numerosi solleciti, ha finalmente emanato il bando che permette alle aziende private di poter coltivare cannabis ad uso medico con alto tenore di THC. Le imprese potranno presentare domanda per divenire fornitori dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, dove avverranno le successive fasi di trasformazione e distribuzione. C’è tempo sino al 27 giugno per potersi candidare e invitiamo gli operatori a farsi avanti affinché l’Italia possa quanto prima arrivare ad aumentare la produzione nazionale di farmaci a base di cannabis, sebbene la standardizzazione delle coltivazioni indoor necessiterà di almeno un paio d’anni affinché le infiorescenze siano disponibili a beneficio dei pazienti.

Al contempo, però, ho subito evidenziato alcune perplessità riguardo talune decisioni. Ad esempio, agli operatori che intendono candidarsi viene richiesto di avere un impianto per la coltivazione e il personale necessario sin dal momento della manifestazione di interesse. Ciò appare in netto contrasto con gli altri bandi europei, come ad esempio quello tedesco.

Inoltre non ho compreso perché si opti per le lampade al sodio: una scelta dispendiosa dal punto di vista energetico e poco sostenibile in quanto, al contrario delle lampade a led, provocano un forte surriscaldamento dell’ambiente. Reputiamo cruciale la sostenibilità e gli sforzi per la transizione ecologica e, pertanto, ho invitato il ministero a rivedere questi aspetti sia per un moderno e migliore impatto su consumi e ambiente sia per poter dare a tutti gli operatori le medesime opportunità di prender parte al bando.

A seguito della mia segnalazione mi fa quindi piacere la notizia odierna di una specifica migliore da parte del ministero della Difesa, relativamente alla tecnologia per l’illuminazione: non sarà più vincolante utilizzare le lampade al sodio, ma si potranno utilizzare anche tecnologie superiori.