Martedì mattina, alla Camera dei Deputati, è stato siglato un importante accordo tra le filiere del pomodoro e della pasta, al fine di garantire prodotti al cento per cento italiani.

Quello di oggi è un esempio virtuoso da replicare perché, per questo ci ho messo la faccia. Nell’accordo che è stato descritto con l’azienda che acquista il grano, è previsto un anticipo di 200 euro per ettaro, saldando il resto alla consegna. È stato fissato anche un prezzo minimo garantito, 250 euro a tonnellate con 13,5 di proteina e premi per ulteriori standard di qualità, oltre che il controllo sui contaminanti e la possibilità per gli agricoltori di scegliere le sementi che vogliono: cosa non comune, visto che spesso le aziende acquirenti impongono anche questo.

Da tempo proponiamo la ripartizione dei fondi per l’agricoltura, che deve incentivare l’aggregazione delle filiere agroalimentari, come le cosiddette Organizzazioni di Produttori (OP): dobbiamo fare in modo che per gli agricoltori stare insieme costi meno, poiché solo con l’aggregazione e con accordi trasparenti si può avere una tracciabilità completa, oltre che maggior potere di trattativa nei confronti dell’industria della trasformazione che acquista i prodotti e maggiore sicurezza per il consumatore.

Solo così, in un mondo ormai globalizzato, si può salvare l’agricoltura italiana. E la politica deve favorirne questi strumenti di aggregazione, affinché questo modello di integrazione e coesione intersettoriale sia mutuabile nelle varie filiere agroalimentari. Se non si fa così si rischia, come giocare in borsa, rendendo impossibile qualsiasi tipo di aggregazione.

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