La materia forestale è di interesse strategico per l’Italia e sempre più trasversale a diverse politiche (economica, bioeconomia, ambiente, energia, sociale, cultura, clima, ecc), in considerazione anche degli impegni internazionali sottoscritti dal Governo italiano e degli obblighi e delle indicazioni europee in materia ambientale, sviluppo sostenibile e bioeconomia, energia, clima, cooperazione e commercio che hanno influenzato e che influenzeranno le scelte politiche del nostro Paese.
Negli ultimi decenni, il sistema forestale nazionale ha dovuto affrontare rapidi mutamenti strutturali ed economici per la molteplicità di beni e interessi da tutelare con un ampliamento del numero e della natura dei portatori di interesse, originando funzioni di domanda con determinanti diverse. La crescente domanda di prodotti forestali, di beni e servizi pubblici ambientali, il susseguirsi degli impegni internazionali, hanno fortemente influenzato l’evoluzione della normativa nazionale inerente la tutela del patrimonio forestale e lo sviluppo del settore produttivo a esso collegato.
L’obiettivo di fondo della riforma adottata con il Testo Unico Forestale è quello di restituire al bosco il ruolo e il valore strategico che possiede in relazione alla storia e cultura del nostro Paese, adattandolo alle esigenze ed alle necessità economiche, ambientali e sociali del nuovo millennio.
Il patrimonio forestale italiano copre circa il 39 per cento della superficie territoriale nazionale (11.778.249 ha, dati Registro IUTI 2017 – Centro A.r.I.A. Università degli Studi del Molise), ed è parte costituente delle risorse paesaggistiche, ambientali e naturali del Paese ma anche del suo patrimonio storico-culturale, identitario ed economico.
Negli ultimi sessanta anni si stima che la superficie forestale nazionale si sia triplicata, occupando principalmente i terreni agricoli e pascolivi abbandonati nelle aree montane e rurali del paese (la Superficie Agricola Utilizzabile – SAU – tra il 1971 e il 2010, a fronte di una crescita della popolazione del 10 per cento, è diminuita di circa il 28 per cento – pari a circa 5 milioni di ettari – e nel 2012 era pari a 12,9 milioni di ettari).
Nonostante il progressivo aumento negli anni della superficie forestale, non si è assistito ad un parallelo incremento degli investimenti di gestione e utilizzazione boschive sul territorio, anche se il sistema Paese può vantare una fiorente industria legata alla lavorazione del legno con circa 100 mila aziende e oltre 450.000 addetti, ma che importa oltre l’85 per cento delle materie prime dall’estero.
L’elevata diversità specifica e fisionomica, aggiunta alle difficoltà orografiche, contraddistingue i nostri boschi da quelli di molti altri paesi europei, rendendoli molto pregiati dal punto di vista ambientale (diversità), ma anche più complessi da gestire e quindi meno redditizi da un punto di vista produttivo. La loro bassa produttività dipende inoltre, da fattori esogeni quali la complessa e inadeguata normativa, la sovrapposizione di ruoli e competenze istituzionali per la valorizzazione e la tutela, la disorganizzazione del processo produttivo, l’elevata frammentazione fondiaria che caratterizza molte aree del paese, le ridotte dimensioni medie delle proprietà forestali e la loro scarsa infrastrutturazione viaria al servizio delle attività agrosilvopastorali.
La ridotta gestione attiva e la conseguente impossibilità di garantire il mantenimento dei caratteri strutturali e funzionali del patrimonio boschivo, condizionano non solo l’assetto idrogeologico e la stabilità del territorio, ma anche a cascata i diversi settori dell’intera filiera foresta legno e lo sviluppo socioeconomico di molte realtà territoriali locali.
La mancata gestione del patrimonio forestale contribuisce, inoltre, all’intensificarsi dei fenomeni di dissesto e instabilità dei versanti (su 712.000 frane censite in Europa nel 2012, 486.000 ricadono nel territorio italiano e di cui oltre l’80 per cento è localizzato nei territori montani), accompagnato da frequenti quanto repentini cambiamenti delle condizioni climatiche, con gravi problemi di sicurezza, incolumità pubblica e di diffusione di fitopatologie, tutela e mantenimento degli equilibri ecologici.
Al centro della riforma vi è invece il ruolo della GESTIONE FORESTALE SOSTENIBILE, considerata nelle politiche europee e internazionali unica espressione possibile di convivenza tra esigenze socio-economiche e conservazione ambientale e paesaggistica, nonché difesa e tutela del bene comune. La riforma propone (nel rispetto del riparto delle competenze tra Stato e Regioni) e del ruolo multifunzionale dei boschi, un chiaro indirizzo e coordinamento unitario per una disciplina multilivello e multisettoriale che impone un concerto tra le istituzioni competenti e le esigenze conservative ed economiche del Paese.
Introduce il principio della responsabilità del proprietario alla “gestione attiva” del bene intesa come produttiva o conservazionista e non, a mio avviso, di “taglio indiscriminato”.
Fissa, per la prima volta ed in modo uniforme sul territorio nazionale, la definizione di bosco e di cosa non è bosco. Cardine di questo testo è inoltre il ruolo della pianificazione forestale. La pianificazione ritorna ad essere lo strumento base e imprescindibile per garantire il governo del territorio e tutelare le responsabilità dei proprietari nelle scelte di gestione da adottare. Il decreto promuove la valorizzazione dei prodotti forestali legnosi e non legnosi, lo sviluppo di filiere legate al patrimonio forestale che nel contesto socioeconomico del paese rappresentano importanti opportunità occupazionali e imprenditoriali di sviluppo e legate alle filiere “green”, turistico-ricreative, didattiche, ambientali e culturali e alla valorizzazione del capitale naturale in generale. Filiere già presenti sul territorio e che chiedono di essere promosse e riconosciute.
Ci aspettiamo che il lavoro di concertazione avviato dal MIPAAFT per l’adozione dei numerosi decreti attuativi concertati tra Ministeri coinvolti (Ambiente, MISE, MIBAC) e Regioni si concluda presto: in particolare, per la definizione di una nuova Strategia forestale Nazionale; per costruire criteri e indirizzi minimi su temi di estrema attualità per il settore come la formazione degli operatori, l’iscrizione agli albi delle imprese competenti, il riconoscimento dello stato di abbandono colturale del bosco, gli indirizzi di gestione e pianificazione forestale. Tutti argomenti essenziali perché il decreto possa trovare effettiva e concreta applicazione e incidere positivamente dal punto di vista ambientale ed economico su questo settore così importante per l’Italia.