I rincari energetici legati al rilancio economico post-pandemia, fortemente acuiti dagli scenari di guerra in Ucraina, devono necessariamente aprire un dibattito sulle fragilità dell’Unione europea. Dobbiamo innanzitutto pianificare una strategia sulle fonti di energia così da avere una stabilità che possa fronteggiare gli shock a cui stiamo assistendo e che ci vedono alquanto impreparati. Ma non importiamo solo energia. Emerge con tutta la sua rilevanza anche l’indipendenza alimentare dell’Europa, temi che con la difesa comune devono essere al centro delle discussioni politiche sul futuro dell’Ue.

Nella prossima programmazione, fino al 2027, della Politica Agricola Comune, ci siamo concentrati sulla sostenibilità delle produzioni alimentari, ponendo in secondo piano l’aspetto quantitativo, mentre ciò che accade a livello globale ci ricorda come l’Europa sia drammaticamente dipendente dalle importazioni.

Ritengo, pertanto, non più rinviabile la riapertura del dibattito sull’autosufficienza alimentare per indirizzare i finanziamenti comunitari su produzioni sostenibili che, però, riescano a coprire il fabbisogno di tutta Europa nonché a permettere di esportare. Del resto, in prospettiva avremo una stabilità demografica nei prossimi 50 anni che ci permette di fare programmazione e decidere dove focalizzare gli interventi di sostegno e incentivazione.