La riforma modifica integralmente la disciplina di riferimento delle banche di credito cooperativo. Le banche di credito cooperativo saranno obbligate ad aderire ad un gruppo bancario cooperativo mantenendo la forma cooperativa e sono subordinate alla direzione di una capogruppo (costituita sotto forma di Spa e partecipata “prevalentemente” dalla Bcc aderenti al gruppo).

Il decreto prevede come unica deroga all’obbligo di adesione al gruppo bancario la possibilità di cedere l’attività bancaria ad una società per azioni a condizione che la banca abbia  un “patrimonio netto” superiore a 200 mln di €. Per le banche con patrimonio netto inferiore a 200 mln di € è prevista la possibilità di aggregarsi ad altre banche in procinto di trasformazione in spa. Nell’ipotesi di mancata trasformazione in Spa – ovvero di esclusione dal gruppo bancario – la banca è tenuta a deliberare la propria liquidazione.

La Società capogruppo dispone dei poteri di indirizzo e controllo delle banche associate e del potere di revoca degli esponenti degli organi di amministrazione e controllo delle medesime. Le banche di credito cooperativo possono essere partecipate da soci finanziatori (status riservato ai fondi mutualistici ed alla capogruppo) ai quali sono riconosciuti diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall’articolo 2526 c.c. (posto a tutela della cooperazione e del voto capitario).

Focus: Una banca di credito cooperativo che abbia più di 200 milioni di euro di patrimonio netto può trasformarsi in società per azioni senza obbligo di devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici per lo sviluppo della cooperazione mediante l’applicazione di un’imposta straordinaria pari al 20 per cento delle riserve.

Allo scopo di alleggerire i bilanci delle banche dai crediti deteriorati ormai diventati difficilmente esigibili e che impediscono alle banche di erogare nuovi crediti, il Governo ha previsto di dare loro la possibilità di cartolarizzare i crediti con la garanzia dello Stato. Nello specifico le banche potranno “impacchettare” i loro crediti deteriorati, venderli a società specializzate nel recupero crediti  le quali a loro volta, per finanziarsi, potranno emettere obbligazioni. Le obbligazioni saranno direttamente collegate alla buona riuscita del recupero dei crediti  e le più sicure saranno garantite dallo Stato. In pratica si tratta della famosa Bad Bank di cui tanto si è parlato e che il Governo Renzi ha stabilito seguendo le indicazioni europee.

Durante il passaggio in commissione è stata data la possibilità di cedere i crediti in questo modo anche alle Finanziarie (le famose art.106 del Testo unico Bancario) che spesso sono legate alle stesse banche. Questa innovazione, come tutto l’impianto non è condiviso dal Movimento 5 Stelle. I nostri timori sono riferiti soprattutto all’utilizzo della finanza, titoli, obbligazioni e fondi di investimento per cercare di sanare i conti delle banche che già hanno goduto di diversi regali del governo. In più la garanzia dello Stato rischia di mettere a repentaglio i conti pubblici nel caso in cui l’operazione non dovesse andare a buon fine.

In sede di esame del provvedimento in Commissione Finanze è stato aggiunto l’articolo 17-bis il quale modifica integralmente l’articolo 120 del Testo unico bancario relativo al calcolo degli interessi sulla quota capitale e sulla quota interessi periodicamente capitalizzata. Mentre la precedente formulazione dell’articolo 120 del Testo unico bancario vietava categoricamente la possibilità per le banche di applicare altri interessi agli interessi diventati sorta capitale (per intenderci gli interessi non pagati), la nuova formulazione introdotta invece non esclude questa possibilità quindi la banca potrà applicare altri interessi agli interessi “non pagati” dal cliente.