Oggi si è svolto a Bruxelles il Consiglio straordinario per parlare della crisi dell’agricoltura europea. Piaccia o no le scelte operate fino ad ora da parte di Bruxelles vanno nella direzione di una significativa liberalizzazione dei mercati e quindi di una selezione quasi “darwiniana” delle imprese a seguito della quale solo quelle che saranno riuscite a stare sul mercato continueranno ad esistere; alla scuola economica del neoliberismo questo poco importa. Dall’instaurazione di un mercato (protetto) e comune, primo obiettivo dei Trattati di Roma, il processo di integrazione si è spostato nella via della globalizzazione il cui sbocco naturale è la conclusione del TTIP, sul quale parleremo venerdì 11 a Città di Castello , e il riconoscimento della Cina come economia di mercato.
Questa scuola di pensiero è alla base dei disagi che stiamo attraversando. Le quote latte, al netto della pessima gestione che si è attuata nel corso del tempo e degli errori commessi nel negoziato iniziale per la determinazione del contingente assegnato all’Italia, risultato da subito inferiore alle reali necessità di consumo, sono servite a contenere la produzione e a calmierare i prezzi; oggi, con la fine del regime di contingentamento, sopravvive soltanto chi più produce a basso costo, il mercato è contento gli agricoltori meno. Per assecondare gli Stati Uniti nei loro continui tentativi di ingerenza negli affari europei l’UE ha perso un partner commerciale straordinario come la Russia e contestualmente, la Cina, per riprendere la corsa, ha svalutato. A questo si aggiunge il fatto che l’euro “forte” e il costante surplus tedesco non ci ha permesso di essere competitivi a meno di non svalutare il salario e, il jobs act va proprio in questa direzione. Potremmo esportare di più ma il mercato americano è quasi saturo e i tempi lunghi e le incertezze che caratterizzano le dinamiche economiche dei paesi emergenti non permettono all’agricoltore, sia italiano che europeo, di resistere. Non basta tamponare, occorre cambiare paradigma. Queste cose le abbiamo dette, scritte, messe agli atti ma, fintanto che non si arriverà al Governa non si riuscirà ad invertire la rotta.