Abbiamo sviluppato un programma partecipato, insieme agli esperti e ai cittadini, per trascinare l’Italia fuori dalla stagnazione e riconvertire l’economia attraverso una nuova rivoluzione, attenta non solo alla crescita, ma anche all’ambiente, alle condizioni dei lavoratori e al benessere sociale.

È urgente passare da un modello di sviluppo fondato sulla crescita fine a sé stessa, ad un modello che si rigenera riutilizzando le risorse del ciclo produttivo precedente. Ambiente, lavoro e benessere sociale devono tornare a stare insieme: ci riusciremo solo mettendo al centro l’azione regolatrice ed economica dello Stato, ricalibrando le filiere su una dimensione anche locale, puntando sull’innovazione tecnologica e sull’educazione della cittadinanza ad un consumo consapevole.
Lo Stato non dovrà solo investire ma anche costruire un quadro di regole nuove, chiare ed efficaci: solo così il nostro tessuto vitale di piccole e medie imprese potrà aprirsi all’innovazione e alle pratiche produttive di riuso, recupero e riciclo dei materiali.
La globalizzazione ha imposto agli Stati la concorrenza al ribasso sui diritti del lavoro e dell’ambiente, oltre all’esplosione della disoccupazione e al diffondersi di prodotti di bassissima qualità. A pagare è stato in particolare il made in Italy: per rilanciare una produzione sostenibile occorre andare a ridiscutere le regole del commercio internazionale per evitare il dumpig che spesso e sociale. Misure che se usate selettivamente e con intelligenza hanno il merito di proteggere lavoratori e imprese italiane senza penalizzare le potenzialità commerciali di queste ultime sui mercati esteri.
Un programma ambizioso come quello del M5S non può essere realizzato all’interno di trattati neoliberisti come il Fiscal Compact: occorre far valere il peso politico dell’Italia in Europa così da rigettare i trattati più dannosi per la nostra economia e rivedere radicalmente gli altri. Inoltre, il bilancio pubblico non può più sottostare a limiti non scientifici come il 3 per cento deficit/Pil, che inibiscono gli investimenti pubblici produttivi e la politica industriale. Lo stesso vincolo sul rapporto debito/Pil, comprensibile in astratto, non tiene conto del fallimento storico delle politiche di austerità.
La politica non si fa solo con i numeri ma con la sensibilità. Ricontrattare i trattati europei ci consentirà di decidere del nostro destino senza che poteri non democratici lo facciano per noi.
Il nostro programma di governo richiede un piano ambizioso di investimenti pubblici, finanziati in parte anche a deficit, drastico taglio della pressione fiscale e una riforma tributaria in senso progressivo. Per fare ciò servono investimenti ad alto moltiplicatore occupazionale per creare nuove opportunità di lavoro e nuove professioni e investimenti in nuova tecnologia e nuove figure professionali, oltre che la riduzione delle aliquote Irpef e niente tasse per redditi fino a 10mila euro.
Il M5S vuole puntare su innovazione, energie rinnovabili, manutenzione del territorio, contrasto al dissesto idrogeologico, adeguamento sismico, banda ultra larga, mobilità elettrica. Infine nella tragica situazione sociale in cui versa l’Italia, è urgente garantire alle fasce più deboli un sostegno al reddito: per dare continuità a questo impegno dobbiamo governare e riprenderci le nostre leve economiche, senza le quali lo Stato non può dare il suo fondamentale contributo alla ripresa economica e alla transizione dall’economia lineare a quella circolare.