La Politica Agricola Comune (PAC) assorbe oggi il 38% del bilancio comunitario,  risorse che tramite pagamenti diretti (PD), misure di mercato (OCM) e piani di sviluppo rurale (PSR) vengono distribuite agli agricoltori europei; per l’Italia, nel settennio 2014-2020 si tratta di  52 miliardi di euro.

I numeri (dati 2016) ci dicono che in Italia sono circa 1 milione gli agricoltori che hanno fatto domanda PAC e di questi oltre la metà rientrano nel regime dei “piccoli agricoltori”. Con 10,5 milioni di ettari di SAU la dimensione media dell’aziendale agricola italiana è di 10,5 ettari. Sono ammessi ai finanziamenti solo gli agricoltori “attivi” ovvero i soggetti che dimostrino di  avere determinati requisiti; sono previste poi deroghe diverse per coloro che si trovano  in aree svantaggiate o non.

L’agricoltore attivo che ha presentato domanda di assegnazione dei diritti all’aiuto e ottenuto un pagamento base è tenuto ad applicare, su tutti gli ettari ammissibili, pratiche benefiche per il clima e l’ambiente, deve quindi  rispettare gli ulteriori  vincoli di carattere ambientale che rientrano nel pacchetto cosiddetto “greening”. Infine, per determinate colture in difficoltà sono previste contribuzioni aggiuntive dette “aiuti accoppiati” . Vedi tabella lato sinistro.

pac_idea_riforma

Partendo dallo stato attuale vi illustro la mia idea di riforma della politica agricola post 2020 a risorse invariate e per la quale chiediamo il sostegno del Governo con una mozione depositata nel mese di gennaio.  Confrontando il lato sinistro della tabella con quello destro si possono capire le novità introdotte come di seguito specificato:

1) Mantenere il requisito di “agricoltore attivo e di “attività minima” perchè è giusto (salvo velocizzare la condivisione dei dati tra le amministrazioni) che i contributi vadano ai veri agricoltori. I dati ci dicono che, nonostante alcune macchinosità nell’individuazione dei requisiti e la presenza di numerose deroghe, circa l’ 1% di coloro che hanno fatto domanda sono risultati NON ATTIVI.

2) Ripensare alle attuali regole “greening”. L’Italia è oggi divisa in “aree svantaggiate” e “non svantaggiate”. Per entrambe sono già presenti deroghe dimensionali (10 ettari) sul controllo del vincolo ambientale, per questo, per le prime si prevede la rivisitazione di tale vincolo in modo da liberare risorse volte ad ampliare il pagamento base. Questo avrebbe un triplice vantaggio: a) abbassare la burocrazia e quindi sveltire le pratiche; b) favorire maggiormente l’insediamento e quindi l’occupazione in tali aree; c) avere maggiore presenza umana in aree “scomode” per la cura del territorio. Per le aree “non svantaggiate” prevedere come vincolo solo l’avvicendamento culturale sulla particella fatto annualmente. Tale riflessione viene fuori dall’analisi delle caratteristiche dei fascicoli attivi. I dati ci dicono che in Italia almeno il 50% delle aziende agricole si trovano in aree svantaggiate di montagna che equivalgono circa al 35% della superficie agricola e per questo si devono semplificare le procedure per tali aree.

3) Rivedere completamente l’attuale “sistema dell’aiuto accoppiato” mantenendo però il concetto di aiuto alle produzioni in difficoltà. Con le risorse previste da tali misure si vuole costituire un FONDO PER GLI INTERVENTI DI CRISI IN AGRICOLTURA con le seguenti finalità: a) sostegno per le crisi di mercato; b) epizoozie e fitopatie  e calamità naturali non ricomprese nell’attuale gestione del rischio; c) ristrutturazione dei settori oggettivamente in crisi (olivicoltura, cerealicoltura, zootecnia ecc) .

4) Prevedere nei PSR misure specifiche a sostegno delle colture di pregio paesaggistico che diversamente dalle altre hanno un alto valore ambientale ma non commerciale in modo che l’agricoltore possa contare su un sussidio economico e mantenerle (oliveti monumentali, agrumeti caratteristici, vigneti storici ecc).

Note per esperti:

  • il 4% degli agricoltori (ad oggi) non hanno visto assegnato TITOLI. Questo dipende da vari fattori che ricadono in procedure non andate a buon fine come trasferimento titoli o parametri non rispettati, errori palesi e comunque procedure in corso di valutazione;
  • il 50% della superficie coltivata è gestita da aziende medie o medio grandi (fascia tra 5000 e 50mila euro) per un numero di circa 140mila aziende;
  • il 16% viene coltivato da aziende grandi o molto grandi (fascia oltre i 50mila euro) e conta  5mila aziende;
  • il restante 34% vede aziende piccole o piccolissime (fascia sotto i 5mila euro) e conta 850mila aziende.