La Xylella fastidiosa, batterio delle piante tra i più pericolosi al mondo tale da provocare malattie con un enorme impatto agricolo ed economico, dal sud Italia sta puntando verso nord. Sarebbe opportuno che la Giunta Marini attivasse in tempi rapidi un sistema di sorveglianza anche nel territorio regionale.

Dopo la scoperta, come si legge dai giornali, del nuovo focolaio ad Avetrana che mostra la diffusione del batterio anche nel Tarantino. Se in Puglia, con Lecce e Brindisi in testa il batterio ha per lo più colpito gli oliveti, in Corsica la Xylella sta danneggiando il mirto e da luglio anche Ajaccio è in allerta. L’allarme nel Mediterraneo è così forte, che esiste un sito sull’emergenza http://www.emergenzaxylella.it

In Umbria registriamo circa 24mila aziende agricole che coltivano olivo, per un totale di 30mila ettari di oliveti, di cui una importante percentuale riconosciuta come Dop Umbria che con le sue 5 sotto.zone è la terza per dimensione in Italia. Si tratta di un patrimonio sia agricolo che economico e paesaggistico importantissimo. Il 2014 è stato per i produttori un anno terribile a causa della mosca olearia che ha quasi azzerato i raccolti. Il 2015 invece ha permesso di ripartire ma oggi è necessario nuovamente alzare la guardia. 

La “Xylella fastidiosa” è considerata dall’Unione europea un organismo da quarantena ai sensi della direttiva sulla salute delle piante 2000/29/CE del Consiglio. Questa direttiva impone agli Stati membri l’obbligo di adottare, una volta accertata la presenza dell’organismo e indipendentemente dai sintomi, tutte le misure necessarie per impedirne la diffusione, compresa l’eradicazione delle piante.

Ad oggi sono ancora molti gli interrogativi aperti a proposito del disseccamento rapido dell’olivo osservato in Puglia e delle dinamiche di insorgenza e di diffusione della malattia, a cominciare dalla sua relazione con il batterio Xylella fastidiosa. Tuttavia, gli effetti che si stanno manifestando sono disastrosi in termini agricoli ed economici. Siamo di fronte ad un fenomeno che continua a diffondersi, dopo il primo focolaio scoperto a Gallipoli nel 2010. In questo quadro, anche la Regione Umbria deve alzare il livello di guardia ed attivare tutte le misure fitosanitarie necessarie. Perché prevenire è meglio che curare.