L’Europa non ha ancora mostrato di voler adottare una politica comune per la gestione dei flussi migratori e certamente non è stata capace di mostrare il volto umano della solidarietà di fronte all’emergenza umanitaria di flussi crescenti di migranti, lasciando sostanzialmente sola l’Italia, mentre ha il dovere, a fronte di questa continua richiesta di aiuto, di far sì che chi fugge dalla morte per raggiungerla, non trovi la morte nel suo cammino; si tratta di persone costrette a lasciare la propria terra per fuggire da situazioni di violenza, di degrado, di costrizione, di negazione di libertà e di privazione della dignità umana, e ad affidarsi a trafficanti criminali. Lo vogliamo ricordare,  dal 2000 al 2013, sono morti migliaia di migranti nel tentativo di fuggire dai conflitti, molto spesso nati per “colpa nostra” e di raggiungere l’Europa via mare o attraversando i confini del vecchio continente via terra, con una media più di 1.600 l’anno.
Le continue ondate di sbarchi ha rimesso al centro del dibattito anche il diritto d’asilo facendo riemergere di nuovo la questione della normativa che lo regola a livello italiano ed europeo e degli strumenti con cui l’Unione europea può aiutare i Paesi membri sottoposti a forti pressioni migratorie alle frontiere. Come Stato di frontiera esterna dell’Unione europea l’Italia è sottoposta a una pressione maggiore alle proprie frontiere rispetto a quanto non sarebbe se tale ingresso non coincidesse anche con l’ingresso nell’area dell’Unione europea, tuttavia ciò non può sottintendere che il Paese accogliente abbia responsabilità maggiori o speciali.
L’operazione di soccorso denominata Mare Nostrum, nonostante le molte anomalie e con la consapevolezza che non possa rappresentare una soluzione, ha comunque raggiunto lo scopo per il quale era stata avviata; infatti, dall’inizio del 2014, è stata salvata la vita a oltre 22.000 persone e il nostro Paese ha ancora una volta confermato la propria vocazione umanitaria che da sempre la contraddistingue in Europa; tutta via occorre anche dire che Mare Nostrum non ha impedito l’incremento dei flussi migratori illegali, garantendo, di fatto, l’arrivo in Italia a tutti coloro che si imbarcano sulle coste libiche.
Secondo il rapporto di Eurostat sul primo trimestre del 2014, sono state 435 mila le richieste di asilo in Europa nel 2013, facendo registrare un forte rialzo rispetto al 2012 quando erano state 335 mila. Secondo le stime, circa il 90 per cento sono nuove domande. Le più numerose sono state presentate da cittadini di nazionalità siriana. Emerge ancora dai dati Eurostat che il 70 per cento delle richieste si è concentrato in Germania, Francia, Svezia, Regno Unito e Italia. Nel 2013 il più alto numero di richieste d’asilo è stato registrato in Germania (127 mila, pari al 29 per cento dell’insieme delle domande), seguito da Francia (65 mila, 15 per cento), Svezia (54 mila, 13 per cento), Regno Unito (30 mila, 7 per cento) e Italia (28 mila, 6 per cento). In questi cinque Stati membri si è concentrato il 70 per cento di tutti i richiedenti asilo dell’Unione europea a 28 nel 2013.
La gestione dell’accoglienza, identificazione, assistenza da parte di molti Paesi dell’Unione europea presenta numerose criticità data la consistenza del fenomeno e considerate talvolta le difficili condizioni sociali ed economiche dei Paesi riceventi, difficoltà che si riflettono sia sulle popolazioni accoglienti che sui rifugiati e richiedenti asilo. Il 29 giugno 2013 sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea gli atti legislativi mancanti per completare la «revisione» di tutte le principali norme del Sistema europeo comune di asilo; in particolare, l’adozione del regolamento (UE) n. 604/2013, cosiddetto «Dublino III», entrato in vigore il 19 luglio 2013, in sostituzione del regolamento (CE) n. 343/2003, cosiddetto «Dublino II», ma la cui applicazione è stata prevista solo a partire dal 1o gennaio 2014;
Il regolamento «Dublino III» intende assicurare il pieno rispetto del diritto d’asilo garantito dall’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché dei diritti riconosciuti ai sensi degli articoli 1, 4, 7, 24 e 47 della Carta medesima (diritto alla dignità umana, proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, rispetto della vita privata e familiare, diritto del bambino e diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale); inoltre, contiene i criteri e i meccanismi per individuare lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale, non pregiudicando l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale. Tale regolamento è molto discusso e criticato, non solo dal punto di vista delle conseguenze negative sulla vita dei richiedenti asilo in quanto, il principio generale su cui si basa è lo stesso della vecchia convenzione di Dublino del 1990 : ogni domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro e la competenza per l’esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primis sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all’ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri. Ad oggi, purtroppo, il cammino verso il raggiungimento di un sistema comune europeo di asilo giusto ed efficace appare ancora lungo.

Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le materie concernenti il diritto d’asilo, la protezione sussidiaria e la protezione temporanea hanno acquisito la qualifica di politica comune dell’Unione europea (articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea); pertanto, la concreta regolamentazione di tali materie risulta un’applicazione del Trattato ma, l’applicazione del regolamento in questione è di difficile gestione e il principio generale in esso stabilito, secondo cui i Paesi responsabili dell’esame di una domanda di protezione internazionale «anche di coloro che hanno varcato illegalmente le frontiere di uno Stato membro» sono quelli di prima accoglienza, presenta notevoli criticità a causa del numero sempre crescente di migranti, tra le quali la gestione nazionale, ossia in carico ai singoli Stati delle richieste d’asilo, che induce in numerosi migranti il rifiuto di farsi identificare e il loro incontrollato movimento tra i Paesi europei.
Sia il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli sia l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ritengono criticamente che tale sistema non riesca a fornire una protezione equa, efficiente ed efficace, impedisca l’esercizio dei diritti legali e del benessere personale dei richiedenti asilo, compreso il diritto a un equo esame della loro domanda d’asilo e, ove riconosciuto, a una protezione effettiva e conduca a una distribuzione ineguale delle richieste d’asilo tra gli Stati membri.
Occorre, a questo punto, che a livello europeo si predisponga al più presto almeno un canale umanitario affinché chi fugge dalla guerra possa chiedere asilo alle istituzioni europee nei Paesi che affacciano sul Mediterraneo o lì dove è necessario (presso i consolati o altri uffici) senza doversi imbarcare, con ciò alimentando il traffico di essere umani e il bollettino dei tragici naufragi, per poi accogliere sul suolo europeo chi fugge ed esaminare qui la domanda dei richiedenti.
La Costituzione italiana all’articolo 10 (terzo comma), recita chiaramente: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge», ovvero sussiste l’obbligo dell’accoglienza dei richiedenti asilo.

Per questo occorre assolutamente adottare un testo unico di tutte le disposizioni di attuazione degli atti dell’Unione europea in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione internazionale e temporanea, in attuazione anche dell’articolo 10 della Costituzione, e per rivedere tutta la normativa esistente in tema di regolamentazione organica dell’intera materia dell’immigrazione dall’estero; revisionare Dublino III, per favorire l’inserimento dei richiedenti asilo già dal momento dell’avvio della procedura di protezione, nei Paesi dell’Unione dove già vivono propri parenti, prima ancora che acquisiscano lo status di apolide; ad agire, tramite accordi, nei confronti dei Paesi di origine e di transito, impegnando e incentivando i rispettivi Governi in una seria e solidale politica di gestione dei flussi, soprattutto nella lotta alle organizzazioni criminali che lucrano sul traffico di esseri umani e soprattutto ad avviare un sistema europeo di accoglienza che si basi sulla distribuzione dei rifugiati tra i Paesi, individuando quote costruite sulla base degli indici demografici ed economici, favorendo le logiche di ricongiungimento familiare, etnico, religioso e linguistico; istituire sistemi di screening delle domande di asilo al di fuori del territorio UE di concerto con UNHCR, OIM, EASO e Stati membri e per evitare la speculazione criminale sulla prima accoglienza, a rivedere tutte le note del Ministero dell’interno che concernono i finanziamenti dei bandi interministeriali destinati alla prima accoglienza e alla gestione dei servizi connessi, con particolare riguardo ai criteri di spesa ad essi inerenti  e, non dimenticando i disagi creati ai territori italiani investiti dall’emergenza e promuovere interventi per assicurare beni e servizi per le famiglie italiane meno abbienti con il fine di evitare tensioni tra italiani e richiedenti asilo all’interno della comunità.

Tutto queste nostre idee, sono state votate dal Parlamento in data 18 dicembre 2014 approvando la nostra mozione.