Le risorse comunitarie destinate a sostenere le politiche di coesione territoriale, note come fondi strutturali e di investimento europei, devono essere cofinanziate dagli Stati membri in quanto intervengono, mediante programmi pluriennali, a complemento delle azioni nazionali, regionali e locali per realizzare la strategia dell’Unione per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva; la quota nazionale è anche la miglior garanzia dell’impegno dello Stato membro per il conseguimento degli obiettivi dell’Unione. I livelli di cofinanziamento sono differenziati in base al livello di prosperità dei vari Stati. Come disposto dalla normativa europea (Reg. CE n. 1083/2006), per il ciclo di programmazione 2007-2013 l’Italia ha garantito, nelle Regioni in ritardo di sviluppo (cioè le 4 regioni meridionali in Obiettivo Convergenza, più la Basilicata in sostegno transitorio), un livello di cofinanziamento pari ad almeno il 25% del valore del programma (a fronte del 75% massimo di cofinanziamento comunitario). In tutte le altre regioni, in Obiettivo competitività il cofinanziamento è stato pari almeno al 50%.

L’italia ha inizialmente optato, per aumentare le risorse a disposizione degli investimenti, per un tasso di cofinanziamento più alto, pari, nel Mezzogiorno, al 50% del valore del programma. Nel corso del 2011, alla luce dei ritardi nell’utilizzo dei fondi e al fine di evitare la perdita dei finanziamenti per la regola del disimpegno automatico , il Governo ha disposto, in accordo con la Commissione (ai sensi dell’articolo 33 del regolamento CE n. 1083/2006), una riprogrammazione delle risorse disponibili, con una diversa percentuale della quota di cofinanziamento comunitario che è stato elevato dall’originario 50 al 75 per cento (limite massimo di partecipazione), con corrispondente riduzione della quota di cofinanziamento nazionale e conseguente destinazione delle risorse cosi “liberate” agli obiettivi del Piano di Azione Coesione

Nella sostanza, la quota di finanziamento comunitario dei programmi operativi in ritardo di attuazione e che rischiano il disimpegno automatico delle risorse, resta invariata, in valori assoluti, pur assumendo un peso percentuale maggiore (da 50 al 75 per cento), mentre si riduce la quota di risorse di cofinanziamento nazionale (dal 50 al 25 per cento). Il 3 novembre 2011 è stato siglato l’ Accordo per il Sud tra il Governo italiano e le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia sulla rimodulazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali, con il quale il riutilizzo delle risultanti risorse nazionali viene vincolato al principio di territorialità; tale principio viene pertanto inserito nella legge di stabilità 2012 (articolo 23, comma 4), prevedendo che il Fondo di Rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (fondo su cui transitano tutte le operazioni finanziarie tra Italia e Commissione europea) di cui all’articolo 5 della legge n. 183 del 1987, possa destinare le risorse finanziarie derivanti da un’eventuale riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali 2007/2013 alla realizzazione di interventi di sviluppo socio-economico concordati tra lo Stato italiano e la Commissione europea nell’ambito della revisione dei programmi stessi. Ad oggi, l’ammontare di risorse che dalla quota di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali 2007-2013 sono stati destinati al Piano di azione coesione è stimato intorno ai 10 miliardi di euro (che, diversamente, sarebbero andati perduti).

Sulla base delle informazioni disponibili (fornite dalla Ragioneria generale dello Stato-IGRUE, alla data del 30 giugno 2014 le risorse ancora da spendere entro il 31 dicembre 2015 (termine ultimo per effettuare pagamenti) ammontano a circa 20 miliardi di euro, la maggior parte dei quali (15 miliardi) nelle regioni dell’area della “Convergenza”.

Il risultato migliore sotto il profilo dell’attuazione finanziaria è registrato dall’Obiettivo “Competitività regionale ed Occupazione”, relativo alle Regioni del Centro Nord, con pagamenti pari a circa il 71,8% delle risorse per esso stanziate, mentre la percentuale dei pagamenti nell’area della “Convergenza” delle Regioni del Sud è pari al 53,8%. In particolare risultano in grave ritardo, relativamente alle risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), le regioni Campania (35,3%, con circa 3 miliardi di pagamenti ancora da effettuare), Calabria (43%, con ancora 1,1 miliardi), Sicilia (46,2%, con disponibilità di 2,3 miliardi) e Puglia (59,6%, ma ancora 1,8 miliardi da spendere), a cui si aggiungono 1,6 miliardi del Programma operativo nazionale (PON) “Ricerca e competitività”, nonché 1 miliardo del PON “Reti e mobilità”. I pagamenti nell’ambito del Fondo di sviluppo europeo (FSE) l’Obiettivo Convergenza raggiungono è del 64,5% della dotazione, ma ne devono essere effettuati ancora per 2,4 miliardi.

Per quanto riguarda la nuova programmazione 2014-2020, escludendo le risorse del FEASR (agricoltura) e del FEAMP (pesca) – che sono anch’esse considerate fondi strutturali , le risorse del FESR e del FSE di quota UE per il periodo 2014-2020 ammontano a oltre 32 miliardi di euro, di cui 22,3 destinati alle regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia); a tali risorse si affianca la quota di cofinanziamento nazionale, della quale il 30% del finanziamento dei POR è a carico delle Regioni stesse (art. 1, co. 240, legge di stabilità 2014). Dopo l’esame parlamentare dello schema di Accordo di partenariato per i fondi europei 2014-2020 (atto n. 86) e l’approvazione da parte del CIPE (delibera n. 18 del 18 aprile 2014), la Commissione ha approvato la proposta di Accordo di Partenariato.

Nella Informativa urgente tenutasi all’Assemblea della Camera dei deputati il 7 ottobre 2014 in ordine alla ridefinizione della quota di cofinanziamento italiano ai Fondi europei per la programmazione 2014-2020, il sottosegretario Delrio ha affermato che “ il Governo italiano ha presentato, insieme alle regioni, tassi minimi pari al 25 per cento per tutti i POR e per tutti i PON con eccezione dei POR e dei PON che sono stati gestiti dalle regioni e dai ministeri in maniera più efficiente”. La rimodulazione dei tassi di cofinanziamento è avvenuta alla luce delle disponibilità del Fondo sviluppo e coesione (ex FAS) ( circa 28,8 miliardi) e dei 20 miliardi di fondi UE 2007-2013 ancora da spendere e considerato che la legge di stabilità 2014 indica un cofinanziamento nazionale statale pari a poco meno di 24 miliardi a cui si aggiungono 4,4 miliardi di cofinanziamento regionale dei POR. Il sottosegretario ha poi assicurato che le risorse sarebbero confluite nel Piano d’Azione e Coesione come sopra evidenziato.

Nota: nella legge di stabilità per il 2014 si provvede alla copertura degli oneri derivanti da sgravi contributivi utilizzando un miliardo di euro per ciascuna annualità 2015, 2016 e 2017 e 500.000 euro per il 2018 a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (art. 5, legge n. 187 del 1983), già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione, che, in base al monitoraggio effettuato dalla Ragioneria generale dello Stato – IGRUE alla data del 30 settembre 2014 non risultano ancora impegnate.

Con il fine di potenziare le politiche di coesione e di migliorare la gestione, l’attuazione e l’efficacia dei fondi strutturali e del fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2014-2020, con decreto legge 101/2013 convertito con modificazioni dalla legge 125/2013, il 30 ottobre 2013 è stata istituita l’Agenzia per la coesione territoriale sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Come stabilito dalla citata normativa, con decreto del presidente del consiglio dei ministri del 9 luglio 2014, è stato approvato lo Statuto dell’Agenzia e con successivo provvedimento del DPCM 19 novembre 2014 è stato riorganizzato il Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (NUVAP) di cui al decreto legislativo 430/1997, costituita presso la presidenza del consiglio dei ministri e, presso l’Agenzia per la coesione, del nucleo di verifica e controllo ( NUVEC) al quale tra l’altro, sono attribuite funzioni di audit ai sensi dei regolamenti comunitari e delle norme nazionali in materia di risorse aggiuntive, al fine di garantire la correttezza e la regolarità della spesa.