Al Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere, premesso che:

l’Assemblea legislativa dell’Umbria, che a seguito dell’approvazione della legge statutaria umbra n. 25 del 27 settembre 2013 è andata a sostituire il Consiglio regionale dell’Umbria, in vista delle prossime e imminenti elezioni per l’elezione dell’Assemblea legislativa e del Presidente della Giunta regionale fissate per il mese di maggio 2015, ha approvato, con la Deliberazione n. 399 del 17 febbraio 2015, numerose rilevanti modifiche alla legge regionale umbra n. 2 del 04 gennaio 2010, che per l’appunto disciplina l’elezione dell’Assemblea legislativa e del Presidente della Giunta regionale;

sottolineata l’inopportunità di cambiare i meccanismi elettorali di un organo, peraltro ad opera dei suoi stessi componenti, alla vigilia del suo rinnovo, secondo quanto stabilito anche dal codice di buona condotta in materia elettorale adottato dalla Commissione di Venezia nel corso della 52ª sessione il 18 e 19 ottobre 2002;

a parere degli interroganti il testo approvato presenta, oltre a diversi errori tecnici, numerosi profili di incostituzionalità che, di fatto, minano alla base il pluralismo politico, muovendosi peraltro nella direzione opposta rispetto alle istanze di maggiore rappresentanza più volte avanzate dai cittadini;

in particolare, il testo, pubblicato nel BUR (Bollettino Ufficiale Regionale) del 25 febbraio 2015, presenta alcuni aspetti che contrastano palesemente con diversi principi costituzionali e con quanto rimarcato nella sentenza della Corte Costituzionale n.1 del 2014 relativa all’incostituzionalità del sistema elettorale nazionale e nella sentenza del Tar Lombardia n. 2261 del 2013 in riferimento all’illegittimità della legge elettorale lombarda;

pur essendo diverso il contesto nel quale le sentenze citate intervengono, molti sono gli aspetti che possono essere accomunati e che permettono, dopo un’attenta analisi, di ritenere la nuova legge elettorale umbra in evidente contrasto con gli articoli 3, 48 e 121 della Costituzione, come peraltro sottolineato anche dall’istruttoria tecnico-amministrativa dell’ufficio legislativo della Regione Umbria del 19 novembre 2014, relativa appunto alla bozza della nuova legge elettorale regionale;

gli aspetti dei nuovi meccanismi elettorali che presentano le più evidenti criticità riguardano: l’assegnazione del premio di maggioranza (60% dei seggi regionali) attribuito sempre e comunque e per di più senza la necessità del raggiungimento neppure di una soglia minima di voti alla lista o coalizione che abbia ottenuto la maggioranza relativa nella tornata elettorale; il “premio di minoranza” (pari a un seggio, 5% dei seggi totali) riservato al candidato alla Presidenza della giunta regionale “miglior perdente”; l’ingiustificata disparità di trattamento tra le liste che compongono la coalizione eventualmente vincente rispetto a tutte le altre; l’attribuzione dei seggi dell’Assemblea legislativa regionale alle liste e alle coalizioni di liste soprattutto in base ai voti ottenuti dai candidati alla Presidenza della Giunta regionale piuttosto che da quelli ottenuti dalle liste e dalle coalizioni di liste che concorrono per la composizione dell’Assemblea legislativa stessa;

per quanto concerne l’assegnazione del premio di maggioranza – che nel caso specifico dell’Umbria consiste nell’attribuzione di 12 seggi su 20, a cui si aggiunge quello spettante al Presidente della Giunta, pari al 62% dei seggi totali (21) – appare essenziale sciogliere il nodo del rapporto tra l’esigenza di avere una Assemblea legislativa realmente rappresentativa e di dare governabilità al sistema. A tal proposito è fondamentale rimarcare che la lettera a) del comma 1 dell’articolo 4 della legge n. 165 del 2004, che fissa i principi fondamentali in materia di legislazione elettorale regionale, prescrive al legislatore regionale di individuare un “sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale” e non che garantisca sempre e comunque l’emersione di tali maggioranze a dispetto del principio di rappresentanza;

in nome della governabilità non si possano sacrificare altri obiettivi considerati primari e indefettibili: la selezione degli eletti da parte dei cittadini, la possibilità per gli elettori di condizionare gli eletti durante il mandato nonché di indirizzare le scelte politiche fondamentali attraverso l’Assemblea rappresentativa. La governabilità non è del resto inconciliabile con tali obiettivi ma è anzi dimostrato che, se realizzati, essi producono normalmente un effetto di stabilizzazione degli organi di governo e di consolidamento delle decisioni politiche assunte. Infatti, costruire un’Assemblea legislativa rappresentativa e responsiva nei confronti degli elettori è il presupposto essenziale non solo della democrazia, ma anche della governabilità: non si può governare una regione senza che vi sia una Assemblea realmente rappresentativa della popolazione; solo una Assemblea realmente rappresentativa e in contatto con i cittadini può assumere decisioni condivise e sorrette dal consenso della maggioranza della comunità regionale, oltre che dalla maggioranza nell’organo rappresentativo. Una Assemblea legislativa democratica suscita dibattito dentro la società, la quale partecipa attivamente all’adozione delle leggi, con tutte le sue articolazioni sociali, economiche e culturali. Il coinvolgimento collettivo nella fase dell’assunzione delle leggi fa sì che, quando queste siano approvate, siano anche destinate a durare nel tempo. La buona governabilità, per conciliarsi con la democrazia, deve dunque procedere dal basso, attraverso un processo di progressiva aggregazione delle idee che si trasforma nella decisione finale della legge. In questo senso, esistono diversi sistemi elettorali in grado di accogliere legittimamente questo obiettivo. quando si persegue solo la governabilità sacrificando gli elettori, ed è questa la governabilità che si ottiene con il meccanismo del premio di maggioranza, al quale le forze politiche tradizionali non vogliono rinunciare perché, si dice, l’elezione deve stabilire chi ha vinto e chi ha perso, chi vince governa per cinque anni, chi perde sta all’opposizione e si prepara a sfidare l’avversario per le successive elezioni. La governabilità che si ottiene col premio, però, è imposta dall’alto ed è dunque, innanzitutto, antidemocratica. Infatti, attraverso il premio, le elezioni sono completamente sradicate dal loro rapporto con gli elettori e le comunità territoriali. Le elezioni si trasformano, invece, in un grande plebiscito mediatico. È infatti il premio di maggioranza che determina l’esito reale delle elezioni, perché chi vince il premio prende la maggioranza. In questo modo l’elezione instaura un rapporto esclusivamente fra un capo ed il popolo, mentre i membri dell’Assemblea legislativa e le forze politiche ne restano largamente esclusi. Il meccanismo del premio produce un risultato antidemocratico e autoritario. Per questo la governabilità ottenuta col premio è un imbroglio per gli elettori. Allo stesso tempo, è una governabilità totalmente artificiale e quindi, paradossalmente, “instabile” e precaria. Essa si fonda sull’illusione che investendo del potere un solo schieramento tutti i problemi saranno già risolti. Tuttavia, mentre la governabilità costruita dal basso produce decisioni stabili, la governabilità imposta dall’alto produce decisioni immediate ma precarie. Il premio è anche un meccanismo deresponsabilizzante per l’elettore, che non può instaurare alcun rapporto reale con i rappresentanti regionali. Il sistema del premio spinge inoltre le forze politiche a disgregarsi anziché a restare coese, anche quando facciano parte della stessa coalizione. Infatti, in questo sistema quello che conta è la vittoria del premio, anche a costo di mettere insieme le forze politiche più variegate e senza un reale progetto comune. Anzi conviene inventarne sempre di nuove per aumentare l’offerta politica di ciascuna coalizione e prendere quel voto in più che consenta di “vincere”;

la sentenza della Corte Costituzionale n.1 del 2014 ribadisce a questo proposito che “Il meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza […] è pertanto tale da determinare un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto (art. 48, secondo comma, Cost.).”, a maggior ragione ove questo non sia “combinato con l’assenza di una ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio”. Il parallelismo tra le norme per l’elezione della Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica censurate dalla Consulta con quelle dei meccanismi elettorali della Regione Umbria appena approvati è inequivocabile, poiché anche in tale sistema i voti della lista o coalizione di maggioranza relativa hanno un peso e un valore maggiori rispetto a quelli di tutte le altre liste e coalizioni e per di più anche in questo caso non è richiesto il raggiungimento di alcuna soglia per accedere all’attribuzione del premio di maggioranza;

tra i principi fondamentali che la legislazione regionale deve osservare c’è come detto quello della individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze, ma è evidente che trasformando una maggioranza relativa di voti, potenzialmente anche molto modesta, in una maggioranza assoluta di seggi si stabilisce, in violazione dell’art. 3 Cost., un meccanismo di attribuzione del premio manifestamente irragionevole, tale da determinare una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica, lesiva della stessa eguaglianza del voto (art. 48 secondo comma Cost.);

in riferimento al fatto che l’assegnazione dei seggi, secondo la nuova legge regionale umbra, viene effettuata in base ai voti del candidato Presidente e non della lista ad esso collegata, è possibile effettuare un parallelismo anche tra la legge elettorale umbra e la sentenza del Tar Lombardia n. 2261 del 2013 che rileva l’incompatibilità con i principi costituzionali ed in particolare con l’articolo 121 della Costituzione della legge elettorale lombarda, stabilendo che un sistema elettorale in cui la formazione dell’organo assembleare, massima espressione democratica regionale, sia determinata dai risultati elettorali riguardanti un organo diverso, nel caso specifico il Presidente, sia una distorsione eccessiva ed illegittima del principio democratico;

relativamente al “premio di minoranza”, è evidente che di fatto le forze politiche collegate al candidato Presidente della Giunta che ha conseguito il numero di voti immediatamente inferiore a quelli del candidato alla Presidenza eletto saranno avvantaggiate rispetto alle altre perdenti, ledendosi così, oltre che anche in questo caso i principi di uguaglianza del voto e di rappresentanza, anche l’altro principio sancito dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 4 della legge n. 165del 2004 legato all’“individuazione di un sistema elettorale che […] assicuri la rappresentanza delle minoranze”, in quanto questa disposizione crea disparità tra le minoranze favorendone una a danno delle altre che così verrebbero ulteriormente penalizzate rischiando di non conseguire alcun seggio anche in presenza di significative espressioni di voto;

ugualmente irragionevole e lesivo dei principi costituzionali risulta essere quanto sancito dalla nuova legge elettorale umbra in riferimento alla circostanza in base alla quale si prevede che fino a due liste collegate alla coalizione eventualmente “vincitrice” possano vedersi comunque attribuire seggi – anche se a queste non spetterebbero secondo il normale sistema di ripartizione dei seggi previsto per le altre liste – al solo raggiungimento della modesta soglia del 2,5% dei voti su base regionale, mentre un tale vantaggio non è previsto in favore delle altre liste che, pur raggiungendo il 2,5% dei voti regionali, non fanno parte della coalizione di maggioranza relativa;

  • se, in base a quanto esposto in premessa, con particolare attenzione agli evidenti e gravi profili di incostituzionalità segnalati, intenda procedere all’impugnazione della legge elettorale regionale dell’Umbria entro il termine previsto di 60 giorni dalla data di pubblicazione nel BUR (Bollettino Ufficiale Regionale) dell’Umbria.