Abbiamo seguito con molta attenzione la fase finale del negoziato PAC e depositato mozioni e risoluzioni che spiegano la nostra linea. Sicuramente grazie al nostro pressing, che abbiamo fatto confrontandoci con il Ministro Martina e i tecnici del MIPAAF, ieri in Commissione, si è venuta delineando una PAC che corrisponde alla nostra proposta, ovvero più occupazione agricola, territorio e qualità, elementi da coniugare per una visione strategica di rilancio e consolidamento di un settore primario che può contribuire in maniera determinante alla crescita del nostro Paese. 
Una visione che non sembra però la stessa degli esponenti del partito di Renzi, più presi a tirare l’acqua al proprio mulino che a mettere in campo azioni concrete per il rilancio dell’agricoltura nazionale.
Ecco qualche anticipazione: “la convergenza interna di tipo irlandese, che considera l’Italia come regione unica, penalizza le regioni che fino ad oggi hanno percepito contributi molto superiori alla media e aiuta quelle che viceversa hanno preso molto meno; l’approccio graduale è quindi la scelta migliore. Altro nodo chiave è il greening, che se applicato individualmente per azienda, minimizza le penalizzazioni di questa misura obbligatoria. Ben venga la scelta, come da noi indicato, di non pagare le pratiche sotto una certa soglia, stimata in 320 euro annui, cosi come legare la definizione dell’agricoltore attivo al lavoro effettivamente impiegato in agricoltura; concordiamo inoltre nel differenziare, sulla base delle aree ad agricoltura professionale e quelle svantaggiate o di montagna, l’importo massimo del contributo percepito negli anni precedenti al di sotto del quale si è considerati attivi a prescindere da altre condizioni.

“Fondamentale – aggiungono ancora i pentastellati – l’attivazione del capping per le aziende che percepiscono oltre i 150.000 euro di contributo, scorporando però il costo della manodopera in modo da non deprimere l’occupazione. Per gli aiuti accoppiati bene il contributo alla zootecnia e l’ovi-caprino che premia maggiormente le pratiche di allevamento prevalenti nel territorio italiano e nella filiera vacca-vitello, con qualcosa in più per le zone montane. Per l’olio, i premi saranno erogati prevalentemente a quei territori a più alta vocazione ovvero, che hanno una superficie regionale destinata all’olivicoltura superiore al 30%, come Puglia, Calabria e Liguria e che, a seguito delle nuove decisioni unionali, sono fortemente penalizzate; premiate con un quid le aree ad alta pendenza. Aiuti anche al settore delle proteiche, del riso e della barbabietola, mentre la novità, è che anche i vigneti prenderanno qualche contributo. Per il pomodoro, la canapa, il grano duro e il latte di qualità, meglio puntare sui PSR, dove il riconoscimento di una filiera tracciabile, che coinvolga tutti, dal produttore al trasformatore è sicuramente più premiante.
Da risolvere, in ultimo, la questione del “pascolamento da parte di terzi”, in quanto, anche se la normativa comunitaria lo esclude, esistono ancora delle possibilità per i “sofà-farmers” di prendere contributi senza far nulla. Su questo abbiamo pronta una dettagliata risoluzione.