In queste settimane la Camera ha avviato i lavori, in seconda lettura, per le modifica della II parte della Costituzione. Il  Governo Renzi ha quindi predisposto, ricordiamolo, un testo di legge dal titolo “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”; revisione che sia nel merito che nel metodo non condividiamo.

A tal proposito mi pare giusto ricordare le tappe che ci hanno portato alla Carta, per far comprendere meglio che quello che sta succedendo non è democratico e ricorda tanto una dittatura. Il 17 marzo 1861 è stato proclamato il Regno d’Italia, retto dalla monarchia sabauda e dallo Statuto Albertino, quest’ultimo concesso al popolo nel 1848 quando la capitale era Torino che, successivamente fu trasferita a Firenze e poi a Roma dopo la breccia di porta Pia (20 settembre 1870).
Dopo la prima guerra mondiale (1915-’18) si concluse l’unificazione dell’Italia con l’annessione di Trento e Trieste. La marcia del 28 ottobre 1922 diede inizio al regime fascista. Nel 1929 furono sanciti i Patti Lateranensi che determinarono la riconciliazione tra Stato e Chiesa.
Durante la seconda guerra mondiale (1940-’45) cadde il regime fascista (25 luglio 1943) cui seguì la lotta di liberazione che si concluse il 25 aprile 1945. Il 2 giugno 1946 con un referendum si scelse la repubblica come forma di governo e furono eletti i membri dell’Assemblea Costituente per sostituire lo Statuto Albertino. La Costituente così varò l’attuale Costituzione che entrò in vigore il 1° gennaio 1948.

Come sapete, per modificare la Carta occorre rispettare l’articolo 138, articolo che il Governo Letta voleva by-passare ma che noi con l’occupazione del tetto, alla quale ho partecipato, abbiamo bloccato.

Nel passato comunque ci sono stati altri interventi per modificare la Costituzione, ricordiamoli: con la legge 24 gennaio 1997 n. 1 è stata istituita una commissione bicamerale per riformare la II parte della Costituzione che concluse i suoi lavori trasmettendo il progetto di riforma al Parlamento. Successivamente con la legge Costituzionale del 18 ottobre 2001 n. 3 ” Modifiche al titolo V della seconda parte della Costituzione” è stata attuata la riforma della II parte, approvata con maggioranza assoluta poi confermata dal referendum del 7 ottobre 2001 e quindi promulgata.

Oggi, come detto, stiamo affrontando un’ulteriore revisione costituzionale presentata dal Governo alla quale noi ci opponiamo nel metodo e nel merito. Nel metodo perchè tale revisione la sta facendo di fatto un Parlamento incostituzionale e un Governo non eletto, con un accordo tra le parti che non ci permette di capire chi “tira le fila” e quali sono i reali scopi; noi crediamo in una restaurazione della casta creando di fatto una dittatura di fatto. Questa riforma è inoltre intempestiva, perché non è ancora stata definita la riforma elettorale che, nella forma già approvata dalla Camera, ma ancora non definitiva, sarà fondata su principi iper-maggioritari.

Per quanto riguarda il metodo, sembra paradossale che dopo anni in cui i diversi orientamenti politici si sono diretti contro un accentramento del potere statalista, a favore invece di un’autonomia e una responsabilizzazione delle Regioni, questa riforma della Costituzione abbia declassato, nei fatti, le Regioni a semplici enti amministrativi . Nessuna volontà nel porre al centro dell’interesse la connessione tra corpo elettorale e attività legislativa, nessuna volontà da parte del Governo di aprire un serio canale di interlocuzione con i cittadini, tramite consultazioni vere e produttive, con la previsione di nuovi e ulteriori di tipologie di referendum, non solo abrogativo, ma propositivi e consultivo. Nessun accenno alla trasparenza e alla “pulizia” che certe cariche devono avere, per questo, noi ci opporremmo, perchè con la scusa della necessità delle “riforme” si vuole far sparire quel poco di liberà che ancora abbiamo.