Quando si sente parlare di “uscire dall’euro” qualcuno ha paura della svalutazione, pensando che con la svalutazione si pagherebbero di più i beni importati (fra i quali si trovano le materie prime come il petrolio) e aumenterebbero i prezzi interni erodendo completamente la convenienza dei prodotti nazionali. I dati non dicono questo e il grafico riportato, che indica i dati dell’inflazione e della svalutazione per l’Italia dal 1960 al 2008, ce lo conferma.
Nel 1996 il nostro paese ha svalutato di circa il 10% ma ha subito rivalutato; i picchi di svalutazione (1976, 1981, 1993) seguono, non precedono, quelli dell’inflazione; la svalutazione non si è mossa pari passo con l’inflazione, quindi nessuno puo’ affermare che la svalutazione si traduca in inflazione; un esempio è il 1993 quando, in conseguenza alla svalutazione del 20% dovuta alla crisi dello Sme, osserviamo un’inflazione del 5%. Questo perchè non tutti i beni consumati in un paese sono importati e non tutti i beni prodotti in un paese sono fatti con materie prime importate e la preferenza a consumare beni nazionali mitiga l’impatto sui prezzi.
Ritornando ai tre picchi più importanti di svalutazione si osserva che quelli del 1976 e del 1981 seguono i due shock petroliferi, svalutazione applicata anche dagli altri paesi occidentali: Italia 21%, Regno Unito 19%, Francia 11%. Nel 1992 invece la causa fu la scelta di Giuliano Amato di legarsi ad un cambio insostenibile e a seguito, non potendolo sostenere, il 13 settembre del 1992 comunicò agli italiani la svalutazione della lira e i 17 l’Italia usci dallo Sme.